Andre Agassi, il tennis come filosofia di vita: le frasi celebri del campione

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Andre Agassi nasce a Las Vegas il 29 aprile 1970 ed è ritenuto uno dei tennisti più forti di sempre. Dopo il ritiro si è dedicato al ruolo di allenatore. Lungo la sua carriera, in cui restano leggendari gli incontri con Pete Sampras, ha vinto 60 titoli ATP e 8 tornei dello Slam, per un totale di circa 31 milioni di dollari vinti in premi, a cui si aggiungono 150 milioni per varie sponsorizzazioni. Conquistando 17 titoli ATP Masters Series, Agassi è il solo tennista ad aver vinto i quattro tornei dello Slam, la medaglia d’oro del singolare olimpico, il torneo ATP World Championship e la Coppa Davis.

Di seguito è stata redatta una lista delle frasi celebri di Andre Agassi.

Ho una missione e il tennis è il mezzo che mi ha permesso di perseguirla.

Lo sport è uno specchio formidabile. Ma solo se non ti travesti. E mostri la tua vulnerabilità.

È il pubblico là fuori che ti osanna o ti affonda. La priorità è il loro divertimento.

Scommetto cento dollari che mio figlio batte il figlio di Pete Sampras. La genetica è a mio favore.

Spero di non arrivare mai al punto di pensare che alcune migliaia di dollari, in fondo, non sono poi molti soldi.

Tutto, nel mio tennis, richiede fisicità.

Il tennis è lo sport in cui parli da solo. Nessun atleta parla da solo come i tennisti.

Pete Sampras? Credo che il nostro peggior incubo sia svegliarsi il mattino seguente e ritrovarsi nei panni dell’altro.

Non si dovrebbe classificare numero 1 chi sembra semplicemente dondolarsi a un albero. ( Riferendosi a Pete Sampras nel 1993)

Il sesso non interferisce con il tuo livello di gioco; è stare fuori tutta la notte per riuscire ad ottenerlo che rovina il gioco!

Quando in un torneo c’è Pete per vincere so che devo batterlo, al primo turno o in finale fa lo stesso.

Se la gente potesse sentire quello che ci dicono i coach capirebbe che il tennis è molto più che colpire una palla.

La cosa migliore del tennis è che non puoi giocare con l’orologio. Non puoi andare in vantaggio e rallentare il gioco. Devi trovare un modo per concludere.

Quando sei giovane vedi la vita in modo diverso, poi impari a pensare di più a cosa e perché fai determinate azioni, ti fai delle domande e cerchi delle risposte.

La maggior parte dei giocatori ha punti deboli, molti hanno un solo buon colpo. Federer non ha punti deboli e ha alcuni grandissimi colpi. Questo equivale a un problema.

Steffi Graf? Lei ha una maniera di dire le cose molto calma. Dice molto senza dire niente. Hanno anche scritto una canzone su questo, no?

Il ritiro di Sampras? Quando sei in ballo con le stesse persone dall’inizio ti aspetti di andartene con loro. Quando invece se ne vanno senza aspettarti ti lasciano l’amaro in bocca. È una pessima sensazione!

I miei problemi con la droga? Il mio nome, la mia carriera, adesso tutto è in gioco, a un tavolo dei dadi dove nessuno vince. Tutto ciò che ho conquistato, tutto ciò per cui ho lavorato, potrebbe presto non significare più nulla.

Il tennis è una questione di gradi di aggressività. Devi essere abbastanza aggressivo da controllare un punto, ma non così aggressivo da sacrificare il controllo e correre rischi inutili.

Avrei detto che il mio avversario più grande sarebbe stato chiunque, ma non Pete Sampras. Giocai contro di lui a Roma nel 1989 e mi dicevo –quel povero ragazzo non riesce a tenere una palla in campo. Non avrebbe dovuto sbarazzarsi del suo rovescio a due mani. Non vedo un buon futuro per lui.

Ho ricevuto tanto, ora tocca ai giovani. Non voglio togliere il posto a chi si impegna e gioca bene tutto l’anno: questa parte della mia vita e della mia carriera è finita. Anche perché non sono capace di fare le cose a metà e se do la mia disponibilità poi gioco tutto l’anno.

La medaglia d’oro olimpica? Fu davvero una grande cosa per me, perché il tennis è uno sport così solitario ed essere in grado di giocare per qualcun altro, per qualcos’altro, per qualcosa più grande di te ma comunque in relazione con te, è un grande senso di soddisfazione… e per me giocare per il mio Paese e, ancor più importante, giocare per realizzare ciò che mio padre aveva sperato e che non era riuscito a realizzare nella sua esperienza olimpica… sentivo che stavo giocando per qualcosa più grande di me e l’avere lui lì era parte di questo.