Carlo Mazzone: le 22 frasi imperdibili di Sor Magara

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Carlo Mazzone è nato a Roma il 19 marzo 1937. Noto anche con i soprannomi Sor Carletto o Sor Magara, è l’allenatore che detiene il record di panchine ufficiali in Serie A, avendo raggiunto quota 795. Gli amanti del rettangolo verde lo ricordano per il suo spiccato accento romano e per il suo temperamento focoso.

Di seguito è stato stilato un elenco di frasi celebri di Carlo Mazzone, il decano degli allenatori del Bel Paese.

Come diceva mio padre, me devono solo imparà a morì!

Il fallo tattico è il cugino della simulazione.

La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri.

Battere la Roma? È mio dovere provarci, ma è come uccidere la propria madre.

Questa volta abbiamo avuto un pizzico di puntini puntini.

Dicevano Mazzone è il Trapattoni dei poveri. Rispondevo: amici miei, Trapattoni è il Mazzone dei ricchi.

Difensore scivoloso, difensore pericoloso.

La Juventus? La società più società, la squadra più squadra.

Mi piace il tridente, ma guai a farlo diventare stridente.

Gestire Roberto Baggio è stata una passeggiata. Era un amico che mi faceva vincere la domenica.

Noi allenatori non dobbiamo sempre frustigare i nostri giocatori. (Gaffe)

Adesso ho cambiato idea su Moggi. L’illecito è evidente.

Un giorno mi chiamò il presidente Sensi. “Carlo, mi consigliano di prendere Litmanen, che faccio?”. Gli risposi: “Perché buttare i soldi, abbiamo il ragazzino”. (Il giovane era Francesco Totti)

Se famo er terzo vengo sotto ‘a Curva.
(30 settembre 2001, Brescia-Atalanta. Vantaggio di Baggio, i nerazzurri vanno poi sul 3-1 e dalla Curva dell’Atalanta arrivano cori offensivi per Mazzone. Al 92° Baggio pareggia: 3-3. Mazzone scatta. Il resto è cronaca arcinota dello sport più bello del mondo)

Buttame fori, me lo merito.
(Rivolgendosi all’arbitro Collina, sempre dopo la partita Brescia-Atalanta finita 3 a 3)

A Varria’, me sa che domenica te cacciano… Sta attento a come te comporti che me sa che te cacciano. Io ho conoscenze a Roma, sono venuto a sapere che ti stanno per sostituire… Non è bello che ogni domenica prendi di mira gli allenatori. (Riferendosi al giornalista Enrico Varriale)

Calciopoli? Con durezza e decisione voglio dire di non avere nessun rapporto con la Gea. Non ho mai avuto un procuratore. Ho sempre detto che un allenatore non deve avere un procuratore. In tutti i miei 39 anni di sana professionalità, da un giorno all’altro mi sento messo in discussione sul piano morale. È un fatto gravissimo.

Tutti si lamentano con la Juve? Perché sembra che è quella che comanda più di tutti. Per me resta un riferimento, ha una sua storia personale e la si deve rispettare. Ha sempre fatto cose importanti, gradite e non gradite. Quelli che ne parlano male lo fanno perché so’ invidiosi…

Roberto Baggio? Era puntuale, serio e la domenica mi faceva vincere. C’era un patto con lui. Non mi piaceva che quando si andava in trasferta i tifosi invadevano l’albergo e lui non aveva un attimo di respiro. Un giorno gli dissi “Quando sei stanco di firmare autografi, ti tocchi la testa e io intervengo”. Ma lui non si toccava mai la testa e allora sbottai “Aho, ma non ce l’hai una testa?”.
Lui mi rispose “Mister, come posso deludere gente che ha fatto centinaia di chilometri per incontrarmi?”.

Per me è un grande piacere, per l’uomo, perché oltre ad essere un grande campione, che sta facendo e ha fatto la storia della Roma, Francesco è una persona splendida che si merita, umanamente, tutti i traguardi che ha raggiunto. Nel mio periodo sulla panchina della Roma Totti mi ha dato grandi soddisfazioni.
(Sui vent’anni di Totti in serie A)

Io ho avuto da subito la sensazione che Totti fosse uno dei migliori, ma l’ho nascosto, non ho avuto pubblicamente grandi slanci nei suoi confronti: Roma è una città molto difficile calcisticamente e ho sempre avuto l’istinto di difenderlo, tenendo per me le idee che avevo su di lui. È stato un onore essere stato il suo allenatore.
(Sui vent’anni di Totti in serie A)

Posso dire che Pep Guardiola è un ragazzo di una serietà pazzesca, a volte troppa. Per raccontare un aneddoto: mi ricordo che a Brescia a un certo punto vedevo che non parlava mai e gli faccio: “Ahò, ma te vuoi stare zitto?” E lui: “Ma come, non ho detto niente!”. E io: “Appunto, ti prendo in giro. Non mi dici niente? Non hai osservazioni da fare?”. E lui mi diceva che era così, non contestava, apprendeva e basta.