George Orwell, frasi e citazioni dello scrittore britannico

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George Orwell è stato uno scrittore e giornalista britannico vissuto tra il 1903 e il 1950. La sua fama nel mondo è legata soprattutto a due romanzi, che sono entrati di diritto nella storia della narrativa internazionale: La fattoria degli animali e 1984.

Entrambe le opere descrivono una realtà fantapolitica e totalitaria con l’intento di criticare e mettere in discussione i principi su cui si fonda la società in cui vive lo stesso autore. I suoi scritti contengono l’invito, sempre attuale, a mantenere vigile il proprio spirito critico nei confronti della realtà.

Di seguito si riportano le frasi più belle e le citazioni più celebri tratte dalle opere e gli scritti di George Orwell.

Forse non si desiderava tanto essere amati, quanto essere capiti.

Sapere dove andare e sapere come andarci sono due processi mentali diversi, che molto raramente si combinano nella stessa persona. I pensatori della politica si dividono generalmente in due categorie: gli utopisti con la testa fra le nuvole, e i realisti con i piedi nel fango.

Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire.

Il segno distintivo dell’uomo è la mano, lo strumento col quale fa tutto ciò che è male.

Per quanto delicatamente sia mascherata, la carità è sempre orribile; c’è un disagio, quasi un odio segreto, tra colui che dà e colui che riceve.

La vendetta è un atto che si desidera compiere quando si è impotenti e perché si è impotenti: non appena il senso di impotenza viene meno, svanisce anche il desiderio di vendetta.

Accettare la civilità così com’è, significa praticamente accettare la decadenza.

Di solito a questo mondo, se si riscuote un po’ di stima, è per qualche cosa che non si merita affatto.

È il destino inevitabile del sentimentale. Tutte le sue opinioni mutano e si trasformano in quelle opposte al primo tocco della realtà.

Un fatto è disapprovare le idee politiche di uno scrittore; altra cosa, non necessariamente incompatibile con la prima, è disapprovare “lui” perché ti costringe a pensare.

Accade sempre così per la gente titolata, sono adorati oppure odiati: se si degnano di parlare con una persona che non appartiene al loro rango vengono subito definiti simpatici e alla mano; se non lo fanno sono superbi e odiosi. Non ci sono mezze misure.

Ogni opinione rivoluzionaria attinge parte della sua forza alla segreta certezza che nulla può essere cambiato.

Chiunque comprenda il ruolo centrale che la letteratura svolge nello sviluppo della storia umana, deve anche comprendere che la resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall’esterno o dall’interno, è questione di vita o di morte.

Nessuno è patriottico quando si tratta di pagare le tasse.

Il genio umoristico di Dickens è legato al suo senso morale. La sua comicità si esprime al massimo della forza quando scopre nuovi peccati.

Ogni ragazzo intelligente di sedici anni è socialista. A quell’età non ci si avvede dell’uncino che spunta dall’esca massiccia.

L’esperienza mi aveva insegnato molto presto che possiamo commettere degli errori indipendentemente dalla nostra volontà, e poco tempo dopo imparai anche che possiamo commettere degli errori senza neanche capire cosa abbiamo fatto e perché siano errori.

La povertà è una forma di halitosi spirituale.

Lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni.

La pubblicità è il rumore di un bastone in un secchio di rifiuti.

Il dio quattrino è cosí scaltro. Se almeno tentasse di prenderti al laccio con yachts e corse di cavalli, cocottes e champagne, come sarebbe facile schivarlo. È quando ti circuisce attraverso il senso della tua onestà e della tua dignità che ti trova indifeso, impotente.

A nulla vale cambiare le istituzioni se non c’è un «cambiamento del cuore»: in definitiva è questo che Dickens continua a ripetere.

È un fatto – basta guardarsi intorno per verificarlo – che il pio e l’immorale finiscono col convergere spontaneamente l’uno verso l’altro. Le più belle scene letterarie ambientate in un bordello sono state scritte, senza eccezione, da pii credenti o da pii miscredenti.

L’oppressione è il male della gleba, essendo difatti il lato oscuro della pressione. Tutti sono uguali, ma c’è chi è più uguale di altri. Come il lato scaleno di un triangolo equilatero.

Ma, che lo ammetta o no, qualsiasi scrittore, e in primo luogo qualsiasi romanziere, ha un suo «messaggio» che ne influenza l’intera opera fin nei minimi particolari. Tutta l’arte è propaganda.

Una donna nutre sempre una specie di sentimento mistico nei riguardi del denaro. Bene e male in un cervello femminile significano semplicemente denaro e mancanza di denaro.

La guerra per me, significava proiettili rombanti e schegge d’acciaio; soprattutto significava fango, pidocchi, fame e freddo.

Le aveva instillato una comprensione ben più profonda di quanto l’avesse avuta finora, del grande comandamento odierno, l’undecimo comandamento che ha tolto di mezzo tutti gli altri: «Non perdere l’impiego».

Il peggior criminale che abbia mai camminato su questa terra è moralmente superiore al giudice che lo condanna alla forca.

Il risultato di questo lungo allenamento è che, mentre il borghese, entro certi limiti, si aspetta di ottenere ciò che desidera, l’operaio si sente sempre lo schiavo di una più o meno misteriosa autorità.