Giorgio Gaber: le frasi celebri del Signor G

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Giorgio Gaber è stato un celebre cantautore, uno degli artisti più influenti della musica e dello spettacolo del dopoguerra in Italia. Milanese classe 1939, Gaber è stato infatti anche commediografo, attore e regista teatrale.

Il ‘Signor G’, così come veniva soprannominato, è stato l’iniziatore del cosiddetto genere del teatro della canzone. L’autore ha composto e interpretato sul palco brani che hanno fatto la storia della musica italiana come Il conformista, Com’è bella la città, Destra – Sinistra e Io se fossi Dio.

In questa pagina troverete le frasi più belle e le citazioni più celebri tratte dai brani di Giorgio Gaber.

Se un giorno noi cercassimo | chi siamo veramente | ho il sospetto | che non troveremmo niente.

La solitudine | non è mica una follia | è indispensabile | per star bene in compagnia.

Se potessi cantare davvero | canterei veramente per tutti, | canterei le gioie ed i lutti | e il mio canto sarebbe sincero. | Ma se canto così io non piaccio, | devo fare per forza il pagliaccio.

La libertà non è star sopra un albero, | non è neanche avere un’opinione, | la libertà non è uno spazio libero, | libertà è partecipazione.

E incomincia fra i commenti | la sfilata dei parenti | ma io proprio non capisco | perché son così contenti.

A proposito del nome | proprio G come mio nonno, | avrei voglia di reagire | ma per ora ho troppo sonno.

È nato in un prato un fiore colorato, | è nato in un prato un fiore già appassito, | il fiore colorato è stato concimato, | il fiore già appassito è stato trascurato.

La natura è la vita, l’ha detto Rousseau. | La natura è la misura dell’uomo. L’ha detto Schopenhauer. | La natura fa schifo… L’ho detto io.

Odio il tuo viso che è la mia caricatura , | odio la tua voce che è la mia scimmiottatura , | odio l’arroganza della tua idiozia , | odio la tua stupida parola che è la mia.

Era come un sogno che svapora | che quando lo racconti | non riesci neanche a ricordarti | fuori mi aspettavano altri sogni, altri infarti.

Non insegnate ai bambini, | non insegnate la vostra morale: | è troppo stanca e malata | potrebbe far male.

Non insegnate ai bambini, | non divulgate illusioni sociali, | non gli riempite il futuro | di vecchi ideali.

Mi scusi Presidente | ma questo nostro Stato | che voi rappresentate | mi sembra un po’ sfasciato. | È anche troppo chiaro | agli occhi della gente | che tutto è calcolato | e non funziona niente.

Abbiamo fatto l’Europa, | facciamo anche l’Italia.

Eppure sembra un uomo, | vive come un uomo, | soffre come un uomo, | è un uomo.

Sul muro c’era scritto | «Alzateci il salario». | L’ha cancellato un grande cartellone | con scritto «Costa meno il mio sapone».

Io, con una donna, mi sento, | mi riconosco, mi ritrovo, m’invento, | mi realizzo, mi rinnovo, mi miglioro, | perché io, con una donna, m’innamoro.

Mio padre è mio padre, | mio padre è un brav’uomo, | mio padre tratta tutti da cretini, | i vecchi bisogna ammazzarli da bambini.

Un uomo sapiente può godere l’intero spettacolo del mondo soltanto con l’aiuto dei sensi e del pensiero.

Le parole, definiscono il mondo, se non ci fossero le parole, non avemmo la possibilità di parlare, di niente. Ma il mondo gira, e le parole stanno ferme, le parole si logorano invecchiano, perdono di senso, e tutti noi continuiamo ad usarle, senza accorgerci di parlare, di niente.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.

Non so se è fratellanza o scienza, | istinto naturale o amore, | il sociale è una nozione delle più confuse | che per ragioni misteriose abbiamo il dovere di salvare.

Un’emozione non so che cosa sia | ma ho imparato che va buttata via. | Dolce prudenza, ti prego, resta ancora con me | da troppo tempo non vivo grazie a te.

Un’idea, un concetto, un’idea, | finché resta un’idea è soltanto un’astrazione. | Se potessi mangiare un’idea, | avrei fatto la mia rivoluzione.

L’attesa è una suspense elementare, | è un antico idioma che non sai decifrare, | è un’irrequietezza misteriosa e anonima, | è una curiosità dell’anima.

Perché da sempre l’attesa è il destino | di chi osserva il mondo | con la curiosa sensazione | di aver toccato il fondo.

Com’eri bella, | com’eri bella, | avevo bisogno di te. | Eri la donna della mia vita, | ti ho chiesto di stare con me | perché ti amavo, perché ti amavo, | ma com’è bella la vita in due!

La voglia di andare, la voglia di reagire | con quanto coraggio, con quanta paura. | La voglia di fare e di ricominciare | con tutta la rabbia, con tutto l’amore.

A cosa pensi, mio signor G? | Pensi alla vita a ciò che finì, | a ciò che hai detto, a ciò che hai fatto, | al tuo coraggio, al tuo passato che è già passato.

L’acqua che passa, l’acqua che scorre | come una nenia che non finisce, | io che la guardo come assopito | ci farei un tuffo tutto vestito.

La realtà è un uccello che non ha memoria, | devi immaginare da che parte va.

Ed io che ho lavorato, lavorato, lavorato | ora mi fermo un momento a guardare | quel seguirsi di errori e il mio passato | e quella vita che mi avete rubato.

Ed ogni volta mi chiedo se ho ancora | la forza di ricominciare, | il nostro amore è un po’ stanco ma anche questa volta | si salverà. | Provo a tornare nei luoghi dove tu, solo tu | mi hai insegnato ad amare | ma quasi sempre c’è un prato che aveva un colore | che adesso non ha.

Ho bisogno di un delirio | che sia ancora più forte, | ma abbia un senso di vita | e non di morte.

Signore delle chiese e dei santi, | Signore delle suore e dei preti | prova ad esserlo, se credi, | anche dei cortili, delle fabbriche, | delle puttane, dei ladri.

Quanta gente affezionata | che premura, che assistenza | c’è una busta sigillata | state calmi, che impazienza. | Ma c’è scritto solamente | «G saluta la sua gente». | S’è mangiato tutti i soldi | non vi lascia proprio niente.

I borghesi son tutti dei porci, | più sono grassi e più sono lerci, | più son lerci e più c’hanno i milioni, | i borghesi son tutti…

Quanta resistenza | e quanta esagerata insofferenza | qualche volta anche per niente. | E questa strana unione | che ogni giorno si trasforma | lentamente.

Ce l’hanno su con me | mi danno del pezzente, | mi danno del barbone | e già, per quella gente | è meglio un delinquente | ma con la posizione, | e anche se la figlia | sembra differente | è nata ed è cresciuta | in quell’ambiente.

E la Chiesa si rinnova per la nuova società | e la Chiesa si rinnova per salvar l’umanità.

E se in qualche parte del mondo c’è un dramma | il Papa è sempre pronto e manda un telegramma. | Nel testo si commuove, depreca, è solidale | insomma gli dispiace come a uno normale.

Scusa cara | ci sono dei momenti, | vien voglia di andar via, | non sai che cosa vuoi.

Com’è grande e vuoto, è docile, è fragile, | ubbidiente, riflessivo, indifeso, inoffensivo, | debole, meschino, vigliacco, | inchinato, prostrato, sudato, | consenziente, affaticato, inutile, inutile, inutile, | un uomo inutile, inutile, inutile, | una palla inutile.

Da quando sei sposata | non è più come prima, | ti trovo un po’ cambiata | l’amore ti rovina.