Philip Roth, le frasi celebri dello scrittore americano

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Philip Roth è stato uno scrittore americano, considerato uno degli autori più importanti e influenti della narrativa mondiale. I suoi romanzi, molti d’ispirazione autobiografica, hanno conquistato milioni di lettori in tutto il mondo e gli hanno dato fama e successo.

Tra le sue opere più celebri ci sono capolavori come Lasciarsi andare, Lamento di Portnoy, La macchia umana e Pastorale Americana. Quest’ultimo romanzo ruota attorno al personaggio di Seymour Levov, detto lo ‘Svedese’, che nonostante le sue doti e i suoi successi non riesce ad evitare il disastro familiare.  Lo scrittore è morto a New York il 22 maggio 2018.

Ecco alcune delle frasi più belle tratte dalle opere e gli scritti di Philip Roth.

Beh, si è giovani una volta sola, ma si può essere immaturi per sempre.

Non c’è niente da fare con quello che pensa la gente, se non badarci il meno possibile.

Il lato sconosciuto di ogni eccesso è quanto sia eccessivo.

Non devi per uscire a gomitate da una situazione, prendere qualcun altro a pugni in faccia.

La gente è infallibile: sceglie quello che ti manca e poi non te lo dà.

Non sei tenuto a venerare la tua famiglia, non sei tenuto a venerare il tuo paese, non sei tenuto a venerare il posto dove vivi, ma devi sapere che li hai, devi sapere che sei parte di loro.

Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. Ogni giorno bisogna puntare i piedi.

L’ironia è una consolazione della quale non hai proprio bisogno quando tutti ti considerano un dio.

Le ideologie riempiono la testa della gente e compromettono una lucida osservazione della vita.

Non è l’essere arrabbiati che conta, è l’essere arrabbiati per le cose giuste. Le dissi: guardalo dalla prospettiva darwiniana. La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la sopravvivenza. Ecco perché ti è stata data. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata bollente.

Bisogna fare una distinzione tra il morire e la morte. Non è tutto un morire ininterrotto. Se si è sani e ci si sente benissimo, è un morire invisibile. La fine, che è una certezza, non dev’essere per forza annunciata con spavalderia.

Per quante cose tu sappia, per quante cose tu pensi, per quanto tu ordisca e trami e architetti, non sei mai al di sopra del sesso.

Noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui.

La crudeltà è camuffata da «autostima» perduta. Anche Hitler mancava di autostima. Era il suo problema.

Ciò che noi sappiamo è che, in un modo non stereotipato, nessuno sa nulla. Non puoi sapere nulla. Le cose che sai… non le sai. Intenzioni? Motivi? Conseguenze? Significati? Tutto ciò che non sappiamo è stupefacente. Ancor più stupefacente è quello che crediamo di sapere.

Ma scegliere di prolungare lo scandalo perpetuando la protesta? Dappertutto la mia stupidità e la mia follia.

Accecato dalla natura spaventosamente provvisoria di ogni cosa.

Com’è umano avere un segreto, è anche umano, prima o poi, svelarlo.

Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite… Beh, siete fortunati.

Come penetrare nell’intimo della gente? Era una dote o una capacità che non possedeva. Non aveva semplicemente la combinazione di quella serratura.