Roberto Vecchioni tra musica e poesia: 30 frasi celebri

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Roberto Vecchioni è uno dei più importanti e popolari cantautori italiani. Classe 1943, all’attività di cantautore e musicista Vecchioni ha a lungo affiancato la professione di docente.

Nel corso della sua lunga e fortunata carriera è stato insignito dei premi più importanti della musica italiani: dal Premio Tenco al Premio Mia Martini fino al Festival di Sanremo. Tra i suoi brani più famosi figurano titoli come Luci a San Siro, Chiamami ancora amore, Stranamore e Samarcanda.

Ecco di seguito una ricca lista con le frasi più belle tratte dalle canzoni più famose di Roberto Vecchioni.

Qui dentro il dolore è un ospite usuale, ma l’amore che manca è l’amore che fa male.

Ma finché canto ti ho davanti, gli anni sono solo dei momenti, tu sei sempre stata qui davanti.

E la vita è così forte | che attraversa i muri per farsi vedere. | La vita è così vera | che sembra impossibile doverla lasciare. | La vita è così grande | che quando sarai sul punto di morire, | pianterai un ulivo | convinto ancora di vederlo fiorire.

E costruì un delirante universo senza amore, dove tutte le cose hanno stanchezza di esistere e spalancato dolore.

Milano mia portami via, fa tanto freddo, | ho schifo e non ne posso più, | facciamo un cambio prenditi pure | quel po’ di soldi quel po’ di celebrità | ma dammi indietro la mia seicento, | i miei vent’anni e una ragazza che tu sai | Milano scusa stavo scherzando, | luci a San Siro non ne accenderanno più.

Chiudi gli occhi ragazzo | e credi solo a quel che vedi dentro. | Stringi i pugni, ragazzo | non lasciargliela vinta neanche un momento | copri l’amore, ragazzo, | ma non nasconderlo sotto il mantello | a volte passa qualcuno, | a volte c’è qualcuno che deve vederlo.

Ma gli sfuggì che il senso delle stelle non è quello di un uomo, e si rivide nella pena di quel brillare inutile, di quel brillare lontano.

Mentre vivi le cose non ti accorgi della bellezza e che anche un dolore, una fatica ha una sua posizione nel puzzle. E allora metti apposto delle figurine che ti sembravano ombre inutili e che invece hanno un loro senso nello schema totale.

Per risvegliare le coscienze e per aumentare i link che abbiamo dentro bisogna trovare una via laterale per raccontare le cose.

L’amore è anche accapigliarsi, scappare, incazzarsi, ma stimare profondamente la personalità della persona che hai vicino. Perché l’amore fondamentalmente è rispetto. Direi che il sentimento più forte dell’amore è il rispetto intellettuale per la donna o per l’uomo che hai vicino.

L’errore fondamentale è che la donna sia uno specchio tuo. Devi amare l’altro. Non devi amare te che ti rispecchi dentro.

È questo vivere che conta. Qualsiasi cosa possa succedere dopo la morte, che noi siamo cenere o che noi siamo angeli, vivere questo mondo è stata la cosa più bella che potesse esistere.

Io credo. Credo perché penso dalle emozioni che provo, dalle cose fuori da ogni fisica e chimica possibile, che noi abbiamo qualche cosa dentro che va assolutamente eternizzata.

Io sono stato ateo. Poi sono stato agnostico e poi tiepidamente credente. Però questo senso del divino che sfiora il mondo ce l’ho addosso.

Una delle domande più stupide che ci si fa è: perché dio lascia il dolore nel mondo? Il dolore è la normale notte al giorno della gioia. Ed è una componente notevole della vita. E c’è anche per essere superato.

Ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. È l’eccezione, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti sbulina l’animo.

Quel che riteniamo ingiusto è solo il nostro amor proprio offeso.

Dio è il passatempo preferito della nostra mediocrità: una personalità che supplisca a quella che non abbiamo.

Non ci sono tragedie su cui piangere, l’uomo è ridicolo fin dalla nascita, la vita di per sé non ha senso, e diventa vera solo quando imita l’arte.

Credo che al di là di tutto ci sia nella vita un meraviglioso disegno che non comprendiamo quasi mai, perché siamo soliti considerare il tappeto dalla parte dei nodi, non dalla parte giusta.

La fede non ci rende impermeabili, però è un buono scudo, un bell’aiuto.

Le parole non sono fiato, evanescenza, convenzione. Le parole sono «cose». Niente esiste se non ha nome, perché siamo noi a far esistere il mondo.

Le parole sono cose in perenne drammatica trasformazione e specchio del nostro dibatterci in cerca di luce.

La vera fede è quella che conosce il dubbio, che cerca risposte.

Via, via, altre strade, altri mari, diverso cielo di sconosciute stelle: sì che anche le stelle non mi conoscano, non sappiano chi io sia.

Si scrive perché non si vive: è una scusa, una difesa, una resa.

Questo deve dare la scuola: il senso, il significato. Non solo Umanismo, ovvero essere usati o semplicemente aiutati dalla scienza, ma anche Umanesimo, cioè capire il senso, avere il fine.

Gli uomini cantano quando le parole non bastano, quando non riescono a dirle, forse perché da sole sarebbero persino ridicole.

Molti son nati poveri, molti son belli, forti, leali; pochi (eppur ci sono) sanno farsi il campo da soli e poi segnare, ma soltanto lui, Adriano, è una forza della natura, “quella” forza della natura.

Passato. Il volo di colombe ha oscurato le nubi, parola data è un soffio, si è confusa al cielo, si è mischiata alla terra, fa compagnia ai vermi.