Walter Bonatti: frasi famose del Re delle Alpi

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Walter Bonatti è nato Bergamo il 22 giugno 1930, con la montagna nel cuore. La passione per le vette lo condurrà a realizzare diverse e memorabili imprese alpinistiche. Nel 1951, con Luciano Chigo, scala la parete est del Grand Capucin, vetta del gruppo del Monte Bianco. Tre anni dopo è il più giovane partecipante alla spedizione guidata da Ardito Desio, che porterà Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sulla cima del K2. Nel 1955 è la volta della scalata in solitaria del pilastro sud del Petit Dru, sempre nel massiccio del Monte Bianco (prima volta assoluta a portare a termine tale impresa). Nell’inverno del 1965 compie la sua ultima ‘fatica’ d’alpinismo, scalando, sempre in solitaria, la parete nord del Cervino su una strada inesplorata fino ad allora. Negli anni seguenti si dedicherà all’esplorazione e alla pubblicazione di libri. Si è spento a Roma il 13 settembre 2011, a 81 anni.

Di seguito è proposto un elenco di frasi di Walter Bonatti, il Re delle Alpi.

La realtà è il cinque per cento della vita. L’uomo deve sognare per salvarsi.

La montagna mi ha insegnato a non barare, a essere onesto con me stesso e con quello che facevo.

Walter Bonatti? Un uomo che si visse fino in fondo.

Io chiedo a una scalata non solamente le difficoltà ma una bellezza di linee.

Come un marchio di fuoco sento che qualcosa di grave si sta imprimendo nel mio animo.

Non riusciamo ad essere un paese pulito, dobbiamo strumentalizzare le occasioni, la verità, sporcare gli uomini.

Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi.

Le montagne, come lo sport, il lavoro e l’arte, dovrebbero servire solo come mezzo per far crescere l’uomo che è in noi.

L’ Italia è un paese di complici, dove non esiste solidarietà tra onesti, ma solo scambio tra diversi interessi, dove il sogno di Desio doveva restare immacolato.

Non è forse vero che il volto più affascinante delle cose è proprio nel riflesso del sogno che le stesse cose sanno nutrire? Sono stati sempre quei grandi silenzi a sedurre la mia immaginazione.

Ore 23. Cinque cuori esultano per la stessa conquista, nella stessa tenda all’ottavo campo. I loro nomi sono: Abram, Gallotti, Compagnoni, Lacedelli, io.

No, mi dicevo, non può essere bello un mondo dove le paure e gli entusiasmi spaventano i più, tesi come sono al risparmio di sé e dei propri sentimenti.

È dunque sognando a occhi aperti, io credo, che vivi intensamente; ed è ancora con l’immaginazione che puoi trovarti a competere persino con l’inattuabile. E qualche volta ne esci anche vincitore.

Io sul K2 in una notte del ’54 sono quasi morto, ma quello che mi ha ucciso è questo mezzo secolo di menzogna. Ho urlato così tanto quella notte nella mia disperazione che adesso non voglio avere più voce. La puzza del K2 la lascio a voi, io preferisco respirare.

Adesso più che mai sono convinto che la vita di un uomo abbia senso soltanto se vissuta in tutto quello che si ha dentro. Perché è lì, nella mente e nel sentimento, dunque nel principio vitale proprio dell’uomo, che vanno creati, e vissuti, i vari spazi.

Quando si è molto giovani capita di non sapere bene chi si è e che cosa si vuole dalla vita. Indubbiamente però noi tutti disponiamo di un misterioso filo conduttore che prima o poi finirà per farci scegliere ciò che per indole è già latente in noi, e servirà a costruire la nostra personalità.