Daniel Pennac, le frasi celebri dello scrittore francese

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Daniel Pennac è uno dei più famosi scrittori francesi viventi. Classe 1944, Pennac è laureato in Lettere e prima di dedicarsi completamente alla scrittura è stato insegnante. Nel 1985 ha pubblicato Il paradiso degli orchi, primo capitolo della fortunata saga di Malaussène che gli ha dato successo e fama in tutto il mondo.

Il personaggio nato dalla penna dello scrittore francese è Benjamin Malaussène, ‘capro espiatorio di professione’ che vive nel quartiere parigino di Belleville insieme alla sua strampalata e multietnica famiglia.

Di seguito è a disposizione un ricco elenco con le frasi più belle tratte dalle opere e i romanzi di Daniel Pennac, che ben ne rappresentano lo stile narrativo unico.

Perchè scrivo? È come se mi chiedessi perché mangio.

La forza non conta niente nella vita. Saper schivare è quello che conta.

Il fumetto è l’arte dell’ellissi.

Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.

Il problema con la vita è che, anche quando non cambia mai, cambia continuamente.

La scrittura è solitaria.

È proprio quando si crede che sia tutto finito, che tutto comincia.

La verità non è qualcosa di dovuto. La verità è una conquista, sempre!

La lettura è, come l’amore, un modo di essere.

La libertà di scrivere non può ammettere il dovere di leggere.

Nella lettura, tutto questo bisogna immaginarselo… La lettura è un atto di creazione permanente.

Tornando a casa progettate un bel giallo con tanti omicidi: vi farà bene alla salute.

Una lettura ben fatta salva da tutto, compreso da se stessi.

Il peggio, nel peggio, è l’attesa del peggio.

L’amore uccide, come i giochi d’azzardo: la certezza che non potremo mai rifarci.

Quando la vita è appesa ad un filo, è incredibile il prezzo del filo!

È il bastardo che fa l’uomo, a pensarci bene. Il meticcio è l’incrocio del futuro.

L’uomo non si nutre di verità, l’uomo si nutre di risposte!

Un errore giudiziario è sempre un capolavoro di coerenza.

Ciò che Dio non può più fare, una donna, a volte, lo può fare.

Se oggi l’uomo non mangia più l’uomo, è unicamente perché la cucina ha fatto dei progressi!

Nel deserto il tentatore non è il diavolo, è il deserto stesso: tentazione naturale di tutti gli abbandoni.

Ogni lettura è un atto di resistenza. Di resistenza a cosa? A tutte le contingenze.

Statisticamente tutto si spiega, personalmente tutto si complica.

La pazienza del consolatore deriva dal fatto che anche lui ha le sue rogne.

Gli stronzi rinsaviscono giusto il tempo che dura la paura.

La nascita della delinquenza è l’investimento segreto nella furbizia di tutte le facoltà dell’intelligenza.

Quando gli scrittori vivono lontani dall’isola natia, sublimano la nostalgia attraverso la scrittura.

Ci ho messo 5 anni per scrivere Diario di un corpo, il che significa che per quattro non ho scritto.

Se le loro marche fossero medaglie, i ragazzini delle nostre città tintinnerebbero come generali da operetta.

Le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità.

Che dei libri possano sconvolgere a tal punto la nostra coscienza e lasciare che il mondo vada a rotoli ha di che toglierci la parola.

Il somaro oscilla perennemente tra scusarsi di essere il desiderio di esistere nonostante tutto, di trovare il proprio posto, o addirittura di imporlo, fosse anche con la violenza, che è il suo antidepressivo.

Per il ragazzo il futuro sta tutto nei pochi giorni a venire. Parlargli dell’avvenire significa chiedergli di misurare l’infinito con un decimetro.

Così procedono i nostri discorsi, eterna vittoria del linguaggio sull’opacità delle cose, silenzi luminosi che dicono più di quel che tacciono.

A forza di riflettere, si finisce per arrivare a una conclusione. A forza di giungere a una conclusione, succede che si prende una decisione. E una volta presa la decisione, succede che si agisce per davvero.

Forse è questo insegnare: farla finita con il pensiero magico, fare in modo che a ogni lezione scocchi l’ora del risveglio.

La trasparenza è un concetto imbecille, figliolo. O quanto meno inefficace, se applicato alla ricerca della verità. La verità umana è opaca.

Si può stare attenti finché si vuole, non si è mai al sicuro da un incidente. Si può essere al colmo della felicità, ma non si è mai al riparo dall’infelicità (e viceversa, per fortuna).

L’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire.