Don Andrea Gallo, le frasi celebri del sacerdote

  • Commenti disabilitati su Don Andrea Gallo, le frasi celebri del sacerdote
  • Autori / Religiosi

Don Andrea Gallo è stato un sacerdote italiano, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il futuro sacerdote prese parte alla Resistenza con il nome di battaglia di ‘Nan’, diminutivo di ‘Nasan’ che in dialetto genovese significa ‘Nasone’.

Di ideali comunisti, anarco-cristiani e pacifisti, durante la sua vita il sacerdote ha portato avanti diverse campagne per la difesa dei diritti dei più deboli. Il prete partigiano si è spento ad 83 anni, nel 2013.

Ecco di seguito alcune delle più belle citazioni di Don Andrea Gallo.

A me l’unico titolo che piace è: “prete di strada”.

L’indifferenza è l’ottavo vizio capitale.

Il potere e i poteri sono contro Dio perché temono coloro che pensano.

Comunque è vero, sono comunista. Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx.

I cristiani, se non sono accoglienti, non dicano che sono cristiani.

Nessuno si libera da solo. Nessuno libera un altro. Ci si libera tutti insieme.

Per me il peccato è assenza di amore.

Le minoranze sono una sorta di visione apocalittica del bene.

Mi definisco un prete anarchico… Il vero anarchico può scegliere la non violenza, la svolta epocale dell’umanità.

E, come dice il mio amico Vinicio Capossela, ovunque proteggici.

L’educazione sessuale dovrebbe essere un punto centrale. È un dono di Dio, la sessualità.

Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono. Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri.

È difficile tener sempre la porta aperta, non è facile. C’è anche la paura, ma noi non rimuoviamo la paura, la affrontiamo.

Una persona transessuale è figlia di Dio al pari di ogni altro essere umano.

L’unico mio rimpianto è che sono stato a volte troppo dolce con tutte le istituzioni, con tutti i poteri.

I miei vangeli sono cinque: Matteo, Marco, Luca, Giovanni e… Fabrizio.

Oltre ai quattro testi “canonici”, ho da sempre un quinto evangelo, quello secondo De André. È la mia Buona Novella laica. Scandalizza i benpensanti, ma è l’eco delle parole dell’uomo di Nazareth che, ne sono certo, affascinò il mio amico Fabrizio.

Cari ragazzi, io a 17 anni e un mese con i partigiani ho visto nascere la democrazia, ora che sono vecchio devo vederla morire? La speranza siete voi, restiamo umani!

I miei vangeli non sono quattro… Noi seguiamo da anni e anni il vangelo secondo De André, un cammino cioè in direzione ostinata e contraria. E possiamo confermarlo, constatarlo: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fiori.

Chi riconosce l’appartenenza alla famiglia umana, come fa a non aprire le porte? Poi io, come cristiano, come faccio a non essere accogliente? E io ti accolgo come sei, come persona.

Nella realtà in cui siamo immersi – complessa e triste, impaurita e militarizzata, con una politica allo sbando – sarà la poesia a salvarci.

La strada mi arricchisce, continuamente. Lì avvengono gli incontri più significativi, l’incontro della vera sofferenza, l’incontro di chi però ha ancora tanta speranza e allora guarda, attende.

Io trovo del cristianesimo negli altri, trovo del cristianesimo nelle prostitute, trovo del cristianesimo nei miei carissimi barboni, trovo del cristianesimo nell’ateo… Cioè la buona novella, chi mi dà una buona notizia è un evangelista.

Chi mi dà una cattiva notizia no. L’aborto no, questo no, questo no, i divorziati no, le coppie eeeh se convivono no, no, no, no, no… e non è buona novella! Non è una buona notizia!