Eduardo De Filippo, le più belle frasi

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Eduardo De Filippo è stato un attore, regista, drammaturgo e sceneggiatore italiano. Nato a Napoli, De Filippo è considerato uno degli artisti italiani più importanti e prolifici del Novecento. È autore di numerose opere teatrali da lui stesso dirette e interpretate: Natale in casa Cupiello, Napoli milionaria, Gennariello e Gli esami non finiscono mai.

Nel 1981 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini gli conferì la nomina di senatore a vita per i suoi meriti artistici e per i contributi alla cultura.

In questa pagina troverete le frasi più belle e le citazioni più famose di Eduardo De Filippo.

I figli sono figli!

Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due.

S’ha da aspettà, Amà. Ha da passà ‘a nuttata.

C’è un’altra cosa che non dice bugie: ‘a morte.

Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male.

Con la tecnica non si fa il teatro. Si fa il teatro se si ha fantasia.

È proibito dare consigli quando la gente non li chiede.

Per fare buon teatro bisogna rendere la vita difficile all’attore.

Sulla scena so esattamente come muovermi. Nella vita sono uno sfollato.

L’uomo non è cattivo, ha solo paura di essere buono.

Il successo è stato un premio alla mia fatica, continua, ossessiva, da ragioniere.

Non chiamatemi senatore, ci ho messo una vita a diventare Eduardo.

Non me ne importa niente di sapere che cos’è l’aldilà.

È facile scrivere una commedia “impegnata”; è assai più difficile “impegnare” il pubblico ad ascoltarla.

Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra.

Se volete fare qualcosa di buono, fuitevenne ‘a Napoli.

Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male.

Si ‘a guerra se perde l’ha perduta ‘o popolo; e si se vence, l’hanno vinciuta ‘e prufessure.

Il teatro porta alla vita e la vita porta al teatro. Non si possono scindere le due cose.

Lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato è teatro.

A vita è tosta e nisciuno ti aiuta, o meglio ce sta chi t’aiuta ma una vota sola, pe’ puté di: “t’aggio aiutato”.

La gestualità di noi napoletani è data dalla necessità di esprimerci, di farci capire senza l’uso della parola.

Io mi riallaccio a quello che ha detto un mio collega francese: “Il teatro si fa, non si discute”. E così ho fatto.

Napule è ‘nu paese curioso: è ‘nu teatro antico, sempre apierto. Ce nasce gente ca senza cuncierto scenne p’ ‘e strate e sape recita’.

I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati, insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili.

In qualunque mestiere, in qualunque professione è bene tenere conto di questo: chi lavora egoisticamente non arriva a niente. Chi lavora altruisticamente se lo ritrova, il lavoro fatto.

Sono religioso a modo mio. Io so che mi trovo qui per una ragione, e questo è già sufficiente. Se non mi è stato spiegato perché sono venuto, vuol dire che non lo devo sapere.

In dodici giorni scrissi Filumena Marturano. Il primo atto in una notte, poi mi fermai al secondo atto, non riuscivo ad andare avanti, poi quando mi venne l’idea lo scrissi in tre giorni, il terzo lo finii in due notti.

Quando sono in palcoscenico a provare, quando ero in palcoscenico a recitare… è stata tutta una vita di sacrifici. E di gelo. Così si fa il teatro. Così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere! E l’ho pagato, anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato.

La tradizione è la vita che continua, i milioni, i miliardi di punti di partenza che milioni, miliardi di esseri umani lasciano nel morire. Se si usa la vita che continua, la tradizione, nel modo giusto, essa ci può dare le ali.