Elio Vittorini, 12 frasi del giornalista siciliano

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Elio Vittorini è stato un importante scrittore e giornalista italiano. Nato a Siracusa nel 1908, l’autore iniziò la carriera giornalistica intorno al 1930 e negli anni della Seconda Guerra Mondiale prese parte alla Resistenza.

Nel corso della sua carriera, Vittorini fu anche traduttore: a lui il merito di aver introdotto nel panorama letterario italiano le opere di John Fante. Tra i suoi romanzi più famosi ci sono Conversazione in Sicilia, Uomini e no e Il garofano rosso.

Ecco di seguito alcune delle frasi più belle tratte dalle opere di Elio Vittorini che ben ne rappresentano lo stile narrativo.

Uomini e no.

La nostra paura del peggio è più forte del nostro desiderio del meglio.

Se avessi avuto i mezzi per viaggiare sempre credo che non avrei scritto un rigo.

Piccola Sicilia ammonticchiata di nespoli e tegole e rumore di torrente.

Ogni morto di fame è un uomo pericoloso.

Sardegna, dentro il suo splendore e le sue tempeste. E di qualcosa di salmastro odora anche su a mille metri.

Come cultura, Gesù Cristo è non meno importante di ciò che è come fede o vita dei fedeli. Nulla di quanto gli uomini hanno detto di nuovo o concreto o anche solo di utile, dopo di lui, è stato detto in contrasto con lui.

Io penso che sia molta umiltà essere scrittore. Lo vedo come fu in mio padre, ch’era maniscalco e scriveva tragedie, e non considerava il suo scrivere tragedie di più del suo ferrare cavalli.

Non più una cultura che consoli nelle sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini.

L’ultimo gesto di Socrate è il gesto essenziale dell’uomo, in Hemingway; e non di auto-distruzione, ma di adempimento: gratitudine estrema, in amaro e noia, verso la vita.

È in ogni uomo di attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa. Ed è nello scrittore di crederlo con assiduità e fermezza.

Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. (Incipit di Conversazioni in Sicilia)