Eugenio Montale: le frasi famose del poeta del “Mal di vivere”

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Eugenio Montale è stato un poeta e scrittore italiano. Nato a Genova nel 1896, il celebre autore ha firmato raccolte poetiche come Ossi di seppia, Le occasioni e La bufera e altro con le quali ha indagato le condizioni esistenziali dell’uomo moderno.

Durante gli anni del Fascismo, Montale sottoscrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Nel 1975 il poeta è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Montale si è spento a Milano nel 1981 e le sue spoglie riposano a Firenze accanto alla moglie Drusilia.

Ecco di seguito le frasi più belle tratte dalle opere e le poesie di Eugenio Montale.

Ai poeti è inutile chiedere comprensione di certe cose.

Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo.

La più vera ragione è di chi tace.

Milano è un enorme conglomerato di eremiti.

Occorrono troppe vite per farne una.

Ormai sono abituato a soffrire, e forse ne ho la necessità.

Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Io penso spesso alla bella Torino, dove dev’essere dolce sentirsi vivere.

Non c’è sosta per noi, ma strada, ancora strada, e che il cammino è sempre da ricominciare.

L’uomo coltiva la propria infelicità per avere il gusto di combatterla a piccole dosi.

Sarò anche conservatore; ma che cosa c’è poi da conservare? Quello che non sopporto è il fanatismo.

Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità.

Sono rispettosissimo di tutte le religioni, ma la religione laica mi pare la più ridicola delle religioni.

Gli analfabeti? Da loro c’è sempre da imparare. Possiedono alcuni concetti fondamentali, quelli che contano.

Purtroppo, pare che ne siano rimasti pochi.

Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato.

L’uomo dell’avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi da quelli di cui disponiamo noi, esseri ancora tradizionali, copernicani, classici.

Le cose che più mi spaventano? L’istruzione obbligatoria, il suffragio universale e il voto alle donne. Tutte cose, purtroppo, necessarie.

Ho imparato una verità che pochi conoscono: che l’arte largisce le sue consolazioni soprattutto agli artisti falliti.

Ho sceso, dandoti il braccio almeno un milione di scale | e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. (da Ho sceso.

Quando il sesso era misterioso aveva un certo fascino che ora non ha più. I nostri antenati amavano donne che portavano sei paia di mutande e destavano passioni che oggi non suscitano più.

Io sono stato un poeta che ha scritto un’autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell’impossibile. Ho bussato disperatamente come uno che attende una risposta.

Ho letto tempo fa che un uomo ha scelto a Mosca lo sciopero della fame. Si chiama Andrej Sackharov ed è un fisico famoso. Mi sembra importante che un uomo di scienza prenda l’arma di protesta che fu di Gandhi.

Noi siamo con chiunque scelga l’arma della non violenza: si chiami in terra lontana, Andrej Sakharov, o più vicino a noi, Marco Pannella.

Dove il potere nega, in forme palesi ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrej Sakharov e Marco Pannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco, perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l’uomo che se na va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra a uno scalcinato muro!