Francesco Guccini, le frasi celebri del cantautore italiano

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Francesco Guccini è uno dei più noti ed apprezzati cantautori italiani. Con i suoi brani, l’artista modenese ha lasciato il segno nella storia della musica italiana. Nella sua lunga e fortunata carriera, l’autore ha pubblicato oltre venti album di canzoni. Tra i brani più celebri spiccano titoli come La locomotiva, L’avvelenata, Via Paolo Fabbri 43 e Canzone per un’amica, solo per citarne alcuni.

Guccini è tra gli artisti più poliedrici della sua generazione essendo anche scrittore e attore. Il cantante è apparso in pellicole come Radiofreccia, Una moglie bellissima e Io e Marilyn.

Si riporta di seguito un elenco con le frasi più belle tratte dalle canzoni più celebri di Francesco Guccini.

Voglio però ricordarti com’eri | pensare che ancora vivi | Voglio pensare che ancora mi ascolti | e che come allora sorridi.

Con la coscienza potrai | seguirle fino a un traguardo | voltarti indietro stupito | ché non sei neanche partito.

E percorriamo strade non più usate | figurando chi un giorno ci passava | e scrutiamo le case abbandonate | chiedendoci che vite le abitava, | perché la nostra è sufficiente appena, | ne mescoliamo inconsciamente il senso; | siamo gli attori ingenui sulla scena | di un palcoscenico misterioso e immenso.

Io chiedo: come può l’uomo uccidere un suo fratello? | Eppure siamo a milioni, in polvere, qui nel vento.

Con la coerenza potrai | difenderle dalla vergogna, | dare ragione a uno sbaglio, | strapparti di dosso il guinzaglio.

La casa sul confine dei ricordi | la stessa sempre, come tu la sai | e tu ricerchi là le tue radici | se vuoi capire l’anima che hai.

Ti sembrava durasse per sempre | quell’amore assoluto e violento | quando è stato che finito il niente | perché è stato che tutto si è spento | non ha visto nemmeno settembre.

In quei giorni ormai troppo lontani | era tutto presente e il futuro | un qualcosa lasciato al domani | un’attesa di sogno e di oscuro | un qualcosa di incerto e insicuro.

In fondo è proprio un gran bel gioco a far l’amore tanto e non bere poco.

La canzone è una penna e un foglio | così fragili fra queste dita, | è quel che non è, è l’erba voglio | ma può esser complessa come la vita.

Ride chi ha nel cuore l’odio e nella mente la paura.

Passarono stagioni ma continuammo ancora a mangiare illusioni e verità a ogni ora.

Il silenzio era scalfito | solo dalle mie chimere | che tracciavo con un dito | dentro ai cerchi del bicchiere.

Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà. Tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’anni fa.

Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un’altra vita; se c’è, come voi dite, un Dio nell’infinito, guardatevi nel cuore, l’avete già tradito.

E voi materialisti, col vostro chiodo fisso | che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso, | le verità cercate per terra da maiali, | tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali.

Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare, la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi Venezia la vende ai turisti.

In fondo sol due cose hanno importanza, e sono il conto in banca e l’eleganza.

E andare come spinto dal destino | verso una guerra, verso l’avventura | e tornare contro ogni vaticino | contro gli Dei e contro la paura.

Però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia.

Vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu, ma il tempo passa e non ritorna più!

Tu sei tutto, ma quel tutto è ancora poco, tu sei paga del tuo gioco ed hai già quello che vuoi.

Io cerco ancora e così non spaventarti quando senti allontanarmi: fugge il sogno, io resto qua!

La fantasia può portare male se non si conosce bene come domarla, ma costa poco, val quel che vale, e nessuno ti può più impedire di adoperarla.

Ho ancora la forza di non tirarmi indietro | di scegliermi la vita masticando ogni metro.

Non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia? | Non lasciamo che trabocchi: | vieni, andiamo, andiamo via.

Non me ne frega niente se anch’io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato.

Le storie credute importanti si sbriciolano in pochi istanti: figure e impressioni passate si fanno lontane e lontana così è la tua estate…

Vorrei che l’oggi restasse oggi senza domani | o domani potesse tendere all’infinito.

Ma ora scommetto che vorrai provare quel che con me non volevi fare: fare l’amore, tirare tardi o la fantasia!

Di cosa muore? muore intossicato | da sogni vani di democrazia | rifiuta i compromessi alla bugia | Muor contento? no, da disperato.

E sorridevi e sapevi sorridere, coi tuoi vent’anni portati così, come si porta un maglione sformato su un paio di jeans…

Non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute, per colpa o per destino le donne le ho perdute.

E al mondo sono andato, | dal mondo son tornato sempre vivo…

Certo non sai quanto sei dolce e bella quando dormi con i capelli lunghi sparsi abbandonati sul cuscino!

E un uomo saggio regole farà, una prigione fatta di parole; i carcerieri di una società ti impediranno di cercare il sole; la tua libertà, se vuoi, la puoi avere.

Fossi un uccello alto nel cielo potrei volare senza aver padroni; se fossi un fiume potrei andare rompendo gli argini nelle mie alluvioni.

Ma sono un uomo uno fra milioni e come gli altri ho il peso della vita e la mia strada lungo le stagioni può essere breve, ma può essere infinita; la tua libertà cercala, che si è smarrita.

Ogni opera – sia una canzone, sia una poesia, sia un libro, un romanzo etc. – va per il mondo… e ognuno ha il diritto di interpretarla come vuole. Non è che il pensiero dell’autore sia necessariamente il pensiero giusto; non c’è un pensiero giusto: ci sono vari modi di interpretare una cosa, un pezzo, una frase.

Avrei voluto comporre una canzone su Gesù, ma non ci sono riuscito.

Zucchero è la semplicità: un modo di vedere la vita, gli amici e il proprio ambiente che difficilmente viene abbandonato. È rimasto ancorato ai posti che lo hanno prodotto.

L’uomo, non tutti per carità, guarda pochi metri accanto a sé. E si scorda presto. La storia è maestra di pochi. Insegna poco davvero, a noi italiani. Siamo partiti con le pezze al culo, e adesso ci dimentichiamo che chi viene qui ha la stessa faccia di noi cento anni fa. Ecco, Odysseus su questo avrebbe qualcosa da dire.