Antonio Conte, filosofia e metodo: frasi e citazioni celebri dell’allenatore

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Antonio Conte, il calcio come filosofia. Ex bandiera della Juventus quando indossava gli scarpini sul rettangolo verde, oggi è uno degli allenatori più preparati e quotati a livello globale. Grinta, schiettezza, sicurezza, conoscenza calcistica e doti comunicative incisive, lo fanno uno dei commissari tecnici più rispettati e organizzati del mondo del pallone. Professionista impeccabile ed esigente, crede fermamente nell’applicazione quotidiana, nel progetto squadra e nella disciplina.

Di seguito viene proposto un elenco di frasi e citazioni celebri di Antonio Conte.

Siamo coperti di vaselina, ci scivola tutto addosso.

Sempre meglio mettere le mani davanti che dopo dietro, perché dopo fa male…

Claudio Marchisio è l’uomo in cui mi rispecchio di più.

No, niente pazzie. Basta pazza Inter.

Per vincere ci vuole testa, cuore e gambe. Non in quest’ordine preciso.

Un settimo posto può arrivare per caso, due no.

La Juventus non è un punto di arrivo. Tutto per me è un punto di partenza.

Più vai in vetta e più sono forti le folate di vento.

La critica innalza perché non vede l’ora di abbattere.

La Juve l’ho lasciata antipatica e l’ho trovata simpatica. Voglio che torni antipatica presto. Io se perdo muoio.

In Italia o si è juventini o si è contro. Quindi noi siamo sempre soli contro tutti.

Il perdono fa parte del compito dell’allenatore, altrimenti su 25 calciatori ne salveresti 10.

Mi auguro di fare qualcosa che giustifichi tutto il bene che ho ricevuto.

Gli scudetti è giusto vincerli sul campo.

Del Piero sarà sempre una soluzione, mai un problema.

Non dobbiamo essere scintilla, dobbiamo diventare dinamite.

È giusto essere orgogliosi: l’azzurro è un colore bellissimo e di potenza.

La fede aiuta a distinguere il bene e il male, a scegliere la via giusta nei momenti di difficoltà.

Non è che ti svegli alla mattina e dici: oggi vinco. C’è un percorso da rispettare e non ci sono scorciatoie.

Chi vince scrive, chi arriva secondo ha fatto un buon campionato ma non ha fatto la storia.

Chi affronta la Juve fa sempre la partita della vita. Per noi è normale amministrazione.

La soddisfazione è che allo stadio viene gente per il piacere di vederci giocare.

Ale, perché chiamarlo Del Piero a me viene strano, trasmette qualcosa di speciale anche quando respira.

È il campo quello che parla e da sportivo l’unica mia preoccupazione è trasferire questo pensiero ai calciatori.

Ricordo Lippi. In panca era sereno, si agitava poco: e ti credo, in campo aveva due allenatori, Didier [Deschamps] e me…

Con il sorriso dal campo di allenamento non è mai uscito nessuno anche ai miei tempi.

Quando ti siedi in un ristorante dove si pagano 100 euro, non puoi pensare di mangiare con 10 euro.

Già ad Arezzo non mandavo a dire niente a nessuno. Se hai paura di esporti, ti devi rassegnare a vivere nell’anonimato.

Ai giocatori dico sempre che la palla va indirizzata, non colpita. Non mi piace vederla sparacchiare alla viva il parroco, a cominciare dai portieri.

La storia è bella, ti giri e non te la tocca nessuno. Ma il futuro lo costruisci nel presente.

Con me, se non hai stimoli, non giochi neanche se l’ultima volta sei stato il migliore in campo.

In allenamento i giocatori tra di loro si guardano, e chi vede Pirlo ha solo voglia di darci dentro ancora di più.

Devo avere la percezione di avere anche solo l’1% di possibilità di poter vincere. A me piace lavorare su quell’1%, anche se l’altro 99% significa aver perso.

(Alla conferenza stampa di presentazione all’Inter)

Ero un calciatore indomito ma leale, non ho mai aizzato nessuno, meno che mai il tifoso juventino che ha sempre partecipato con sportività ed entusiasmo, accettando sempre il verdetto del campo.

I presidenti dovrebbero esonerare in settimana, dopo un allenamento, perché è lì che vedi se l’allenatore ha in mano il gruppo, non la domenica quando gli umori si alzano e si abbassano come un titolo in borsa.

Non mi piace mai parlare di successi singoli, mi piace sempre parlare di successi di squadra perché è la squadra che vince, se vince la squadra vinco anch’io.

Io voglio assolutamente vincere, spesso andando al di là delle mie possibilità, e cerco sempre di trasferire i miei valori ai miei calciatori. Ho subìto un’aggressione coi bastoni davanti a mia figlia, a causa della mia integrità. Questo sono io, per chi non mi conoscesse.

Impossibile essere vincenti senza essere antipatici, almeno in Italia. Le gelosie e le invidie sono inevitabili, soprattutto ad alti livelli. Non succederà mai, difficile vedere un vincente simpatico.

Noi possiamo vincere lo scudetto e dobbiamo ottenere il massimo, sarebbe un peccato fallire l’obbiettivo. Le altre cose sono dei sogni, cose irreali, i sogni hanno una bassissima percentuale di realizzazione. Restiamo umili perché la presunzione uccide.

Sebastian Giovinco? Magari non vi piace perché è piccolo, perché non parla con voi giornalisti e non vi dà la formazione e per questo vi sta sulle palle.

Preoccupiamoci di fare le cose che noi conosciamo, di farle nel migliore dei modi, con l’intensità giusta, con la cattiveria giusta, con l’umiltà giusta e con la voglia di fare fatica, questa è la cosa più importante.

Alla Juventus non è permesso parlare di progetto, di costruzione. Deve vincere, la via di mezzo non va bene. Ma qui è passato uno tsunami che ha distrutto una superpotenza.

Nel momento in cui decido e sposo una causa lo faccio da grandissimo professionista, non devo essere accettato da nessuno. Ribadisco di essere il primo tifoso dell’Inter e questo deve essere chiaro a tutti, al di là del fatto poi che io possa vincere o perdere.

Io sono uno spirito libero, non un leccaculo. Per me la competizione è una battaglia e quando si combatte non c’è alcuna ragione di ridere o di essere contenti: è questione di vita o di morte, solo uno dei combattenti resta in piedi e io faccio di tutto perché quell’uno sia la mia squadra.

Didier Deschamps? Abbiamo diviso la stanza per anni, durante i ritiri [alla Juventus]. Compagno ideale. Non fumava, non beveva, non giocava alla PlayStation. Entrava e diceva: “Il letto è la più bella invenzione al mondo”. Due parole, poi si girava da una parte: “Buona notte, Antonio”. Io restavo a guardare la tv, lui dormiva come un sasso. Che invidia…

Abbiamo perso un po’ di appeal. Anche per le polemiche quando una squadra non va bene: in Inghilterra non c’è una contestazione se una squadra non va bene, non aspettano l’arrivo del pullman degli avversari con bastoni o con pietre. Pensiamo alle polemiche, agli arbitri, senza vedere le cose più gravi.

Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, guardatevi le rose dell’Inter di Mancini e della Juve di Capello, che hanno fatto meno punti di noi. Abbiamo fatto qualcosa di straordinario soprattutto considerando da dove venivamo, ovvero da due settimi posti. Il resto sono chiacchiere. Ma si sa: quando il lupo non arriva all’uva dice che è amara…

Non ho mai pensato di essere un grandissimo giocatore mentre ho sempre saputo che sarei diventato un allenatore. Già da Lecce quando giocavo nella primavera e allenavo la squadra di mio fratello. Era una vocazione. Sono portato a dare un indirizzo. Un metodo. Indicare una squadra. Prendere le decisioni.

Cosa manca alla Juve in Europa? Il tempo. Si vuole tutto e subito, dall’oggi al domani ci siamo trovati a combattere contro corazzate strutturate. […] Credo che da qui a molti anni a venire sarà dura vedere una squadra italiana in finale di Champions, so di averlo già detto ma di solito ci azzecco.

(Ultime parole famose)

Sono l’allenatore della Juve e il suo primo tifoso ma sono soprattutto un professionista, ma il giorno in cui dovessi lavorare per l’Inter, come per il Milan o la Roma o la Lazio ne diventerei allo stesso modo il primo tifoso e farei di tutto per vincere. Forse qualcuno questo non l’ha capito, oppure fa gioco insistere sul mio tifo per la Juve per rendermi ancora più odioso agli altri. Ma deve essere chiaro che io sono un professionista.

Ognuno può dire quello che vuole, stranamente Capello viene a mettere il becco in casa di altri. Ha vinto due scudetti, ma nessuno si ricorda di cose emblematiche: io mi ricordo gli scudetti di Lippi e di Trapattoni, non ricordo la Juventus di Capello. Ci si ricorda solo perché quei due scudetti sono stati revocati. E poi Capello con quell’armata che aveva a disposizione è uscito nei quarti di finale di Champions League. Io mi guarderei bene prima di dire delle fesserie.

Leggo con stupore le dichiarazioni rilasciate oggi dal signor Cassano, a seguito delle quali mi trovo costretto a fare alcune precisazioni: in primo luogo, non ho mai proferito il termine «moralità», della quale, tra l’altro, sono molto dotato, nonostante la squalifica per omessa denuncia sulla quale ho già espresso le mie opinioni in passato. Alla domanda su come vengano effettuate le scelte dei giocatori della Juventus ho fatto riferimento all’uomo, inteso come interprete del ruolo di calciatore in maniera professionalmente ineccepibile. Vale a dire: l’impegno, il rispetto delle regole, il rispetto dei ruoli, l’attaccamento al bene comune della squadra. Mi sembra che il signor Cassano nella propria carriera abbia più volte dimostrato sul campo e fuori dal campo, vedi imitazioni di Capello al Real Madrid, o le corna mostrate all’arbitro Rosetti ed altri episodi, di non avere i requisiti richiesti dal sottoscritto. Inoltre altri aneddoti in tal senso ce li ha raccontati lui stesso nella sua biografia. Ritengo pertanto di non dover aggiungere altro, fermo restando che quando uso determinati termini, ne valuto appieno il significato letterale.

(Rispondendo alle dichiarazioni di Antonio Cassano del 15 novembre 2012)

Quanto incide un allenatore? Un tecnico deve intraprendere una strada, tracciare un percorso portando gioco, organizzazione e cercando di portare competenze adeguate. Detto questo l’allenatore è nulla se non trova la disponibilità dei calciatori.

Sono rimasto sorpreso dalle dichiarazioni di Garcia, perché le ho trovate molto provinciali, sotto tutti i punti di vista. E andando un po’ indietro, se sommate agli aiutini, le posso catalogare nelle chiacchiere da bar, così come avevo catalogato gli aiutini. Sinceramente non penso che il campionato italiano dovesse aspettare Garcia per portare dei nuovi stimoli alle squadre che affrontano la Juventus, anche perché Garcia deve sapere che sono tre anni che la Juventus è in testa al campionato, ne ha vinti due, ha vinto due Supercoppe, è stata sempre protagonista assoluta. Quest’anno è ancora in testa alla classifica. E chi gioca contro la Juventus gioca la partita della vita. Quindi non è che dovessimo aspettare il signor Garcia che portasse grandi stimoli ai nostri avversari. Detto questo la trovo anche una grandissima mancanza di rispetto nei confronti degli allenatori che devono scegliere le formazioni, nei confronti dei calciatori che devono scendere in campo, nei confronti delle società che investono per centrare l’obiettivo salvezza, Europa League o Champions League, lo trovo anche irrispettoso nei confronti dei tifosi, perché io non penso che i tifosi del Livorno, o del Bologna, o dell’Inter, possono pensare che la loro squadra possa giocare contro la Juventus senza impegnarsi.

Conferenza stampa, citato in Conte: “Vergogna, basta ingiustizie Contro di me giudici-tifosi”, Gazzetta.it, 23 agosto 2012

Quella che mi è capitata è una vicenda assurda e ieri è arrivata la ciliegina sulla torta. Allibito dalle dichiarazioni di un componente della commissione [Piero Sandulli] che mi ha giudicato. È una cosa gravissima e che non s’è mai vista. Reputo l’intervento da parte di questo signore improprio e fuori dalle regole. E lui dovrebbe farle rispettare. Questo signore, per uscire sulle prime pagine dei giornali, ha fatto dichiarazioni sul mio conto. Dichiarazioni se non da tifoso quanto meno inopportune. Forse c’è qualcosa di personale da parte di questo signore.

Oggi mi ritrovo di fronte a un certo “Pippo”, perché per la Procura non è più Filippo Carobbio, ma una persona diventata pappa e ciccia con la stessa, che viene considerato un collaboratore di giustizia. Vedendo che l’hanno zittito cinque volte e vedendo che l’hanno zittito l’ultima volta il 10 luglio, prima che ascoltassero me, io lo considero più che altro un aggiustatore di presunta giustizia. Il signor Carobbio, per la Procura di Cremona, è un bugiardo, non credibile, per la Procura Federale, invece, una persona altamente credibile. Conte, invece, non è credibile. La credibilità io credo che uno la ottenga nell’arco di una vita, non giorno per giorno. Io penso di aver ottenuto grande credibilità nella mia vita, a differenza di chi si è venduto le partite, la sua famiglia e i suoi compagni da tre anni a questa parte. Ma alla fine io sono passato come quello poco credibile.

Io, innocente, ho dovuto patteggiare. Ma per cosa? Un ricatto bello e buono da parte di questa giustizia. È una vergogna. Oggi lo posso dire perché è finito tutto, anche se c’è ancora un altro appello. Ma li sapete i metodi della Procura Federale? […] Della serie: se volete uno sconto di pena dovete mettere sul piatto dei nomi, se sono importanti meglio.

Su Novara-Siena sono uscite notizie false. Hanno minato la mia credibilità. L’infamia peggiore per un allenatore, che deve essere un leader, trasmettere valori positivi. In cinque anni ho vinto uno scudetto e ho conquistato due promozioni. Sono antipatico perché vinco? Non è un problema mio. Io faccio il mio lavoro e lo faccio al massimo. Do fastidio? Non è un problema mio.

Novara-Siena: prosciolto. L’accusa infamante è caduta. È caduta. Cosa è rimasto? Un’altra partita: AlbinoLeffe-Siena, una gara in cui Conte non poteva non sapere. […] Una decade e pensi: “Se sono stati chiesti dieci mesi per due omesse denunce e ne rimane soltanto una, vuol dire che potrebbero diventare cinque. E invece dieci rimangono dieci. Altra cosa assurda e oggi lo posso finalmente dire: è assurdo tutto quello che mi è successo.

Ho paura, bisogna aver paura. E ai miei colleghi, ai calciatori, dico: oggi è successo a me e a tanti altri, domani può accadere a loro. Non mettiamo la testa sotto la sabbia: può succedere a chiunque. Bisogna aprire gli occhi. Perché è successo a me? Mi sono posto tante domande in questi mesi. L’unica cosa che è cambiata nella mia vita negli ultimi tempi è che sono diventato allenatore della Juventus che dopo due settimi posti era diventata simpatica a tutti. Poi d’incanto abbiamo vinto e siamo tornati ad essere antipatici.