Marco Travaglio, frasi e citazioni famose del giornalista

  • Commenti disabilitati su Marco Travaglio, frasi e citazioni famose del giornalista
  • Scrittori

Marco Travaglio è uno dei giornalisti più famosi, preparati e influenti del panorama italiano. Piemontese, nasce a Torino il 13 ottobre 1964. Dopo aver collaborato con molti quotidiani nazionali, co-fonda Il Fatto Quotidiano di cui è direttore dal 3 febbraio 2015. Particolarmente interessato alla cronaca giudiziaria e all’attualità politica, è anche volto noto televisivo. Famoso anche il suo modo di scrivere, ricco di sarcasmo e ironia.

Di seguito è stato stilato un elenco di frasi celebri di Marco Travaglio

I migranti sono munizioni umane usate in una guerra più grossa di noi e di loro.

Lodo Alfano? La legge è uguale per tutti meno quattro.

Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole.

Non si censurano le balle, ma la verità.

Ci pisciano addosso e ci dicono che sta piovendo.

Hanno ammazzato Bin Laden e pace all’anima sua, un assassino in meno.

Avviso ai congressisti DS: quando passate davanti al pantheon, occhio al portafoglio.

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un evasore passi per le porte di un carcere.

Quando uno si informa è molto più difficile prenderlo per il culo.

Leggi per la sicurezza? Tanto fumo e pochi arresti.

Daniela Santanchè? Qui ci vuole il TSO, mettetele la camicia di forza.

Mi riconoscono per strada. Mi fa piacere. Ma siccome sono timido diventa anche imbarazzante.

La Costituzione è molto più avanzata dell’Italia e di noi italiani: è uno smoking indossato da un maiale.

C’è chi nasconde i fatti perché è nato servo e, come diceva Victor Hugo, “c’è gente che pagherebbe per vendersi”.

Se in America il giornalismo è il cane da guardia del potere, in Italia è il cane da compagnia. O da riporto.

Governo Conte? Ho notato un enorme pregiudizio che non ha paragone coi governi precedenti.

C’è chi nasconde i fatti anche a se stesso perché ha paura di dover cambiare opinione.

In Italia abbiamo inventato questo genere letterario dell’intervista senza domanda, specie quando il politico è l’ospite.

Noi abbiamo delle responsabilità gravissime, in un sistema che premia coloro che si mettono al servizio dei politici.

Ha ragione Cossiga: uno come me non può misurarsi con uno come lui. Io sono un cialtrone, un tipaccio, e soprattutto sono astemio.

A vent’anni da Mani pulite, c’è chi non si rassegna all’evidenza nota a tutti: e cioè che Tangentopoli scoppiò perché c’erano le tangenti.

Il morbillo era considerato non la peste bubbonica come è considerata ultimamente ma era considerato quasi un tagliando che un bambino doveva fare assieme ad altre malattie.

Gasparri ha questa funzione sociale, ha il compito di andare a dire in pubblico, in televisione, quello che una persona normale si vergognerebbe di pensare anche in privato…

Giuliano Ferrara, oltre a lavorare per la CIA, è stato ministro e portavoce del primo governo Berlusconi, nonché direttore di due giornali della famiglia Berlusconi, Il Foglio e Panorama: con quale credibilità può commentare o intervistare Berlusconi e i suoi avversari?

Le vittime della censura non sono soltanto i personaggi imbavagliati per evitare che parlino. Sono anche, e soprattutto, milioni di cittadini che non possono più sentire la loro voce per evitare che sappiano.

Nella Russia di Putin gli oppositori vengono arrestati alla vigilia delle elezioni e i giornalisti che scrivono contro Putin incredibilmente muoiono sempre di morte violenta e misteriosa.

L’altro giorno, a Torino, due tizi hanno rapinato una banca mascherati da Berlusconi e Dell’Utri. Sulle prime il cassiere era terrorizzato. Poi ha capito che erano solo maschere.

Ho dei principi un po’ conservatori, non sono mai stato particolarmente progressista. Adesso dire “di destra” è impossibile, perché ti vengono in mente la Santanchè o Gasparri. Non ho proprio nulla in comune con loro, non c’entro niente.

La destra scopre legge e ordine solo quando si tratta di manganellare manifestanti pacifici. Per il resto preferisce illegalità e disordine. Lo diceva Montanelli: la destra non sa fare altro che cadere nel manganello ogni volta che da élite diventa fenomeno di massa.

Ecco: pazienza la mafia, le corruzioni, i giudici comprati, i fondi neri, le società off-shore, i falsi in bilancio, le frodi fiscali, le leggi vergogna, i condoni, i conflitti d’interessi, ma le puttane no, perdio! Berlusconi fiuta l’aria che tira e, terrorizzato di finire come i politici di cui prese il posto 18 anni fa, si arrocca come Hitler nel bunker, con le escort al posto di Eva Braun.

“Il presidente del Consiglio, dottor Silvio Berlusconi”, come lo chiamava idealmente inginocchiato l’altra sera il suo dipendente Paolo Bonolis a “Il senso della vita”, ha definito il mio ultimo libro “Inciucio” addirittura “un sacrilegio”. Lo ringrazio di cuore. Non abbiamo avuto molte recensioni, ma questa è indubbiamente la più lusinghiera.

Il presidente del consiglio ha preso la pastiglia e ora sta un po’ meglio. Le terapie funzionano, il decorso post-esternatorio è stabile. Negli ultimi due giorni non ha più detto «kapò» agli infermieri, ha chiesto soltanto trentacinque volte della Boccassini e, nel sonno, ha ripetuto il nome di Previti per sole tre ore. Poi basta. L’unico accenno di ricaduta si è avuto quando l’ha chiamato George W. Bush per parlare del processo di pace in Medio Oriente. Alla parola «processo», Berlusconi si è sentito male, ma poi si è riavuto subito.

Il sistema più semplice per cancellare i fatti è — molto banalmente — quello di non parlarne. Ignorarli. E sostituirli con altri della stessa specie e della stessa importanza, usati come diversivi, come coprenti. Non sempre, però, i fatti sostitutivi sono disponibili quando occorrono: in questo caso, non resta che inventarne qualcuno di sana pianta, oppure gonfiarne uno già esistente, ma di poco conto.

Fassino trova che “Travaglio dice spesso cose improprie”. D’Alema minaccia di trascinarmi in tribunale. Bertinotti dice che “Travaglio mi dà l’orticaria”. Cossiga mi dà del “fascista e bugiardo”. Poi Bellachioma va a Pompa a Pompa e mi definisce “un animale a sé stante”. Il più bel complimento che mi abbia fatto un politico, è arrivato da lui. Non so chi debba preoccuparsi di più, se io o lui.

Ho lavorato otto anni con Montanelli e credevo di essere di destra nel senso che la destra era Montanelli. Quando ho visto la destra all’opera ho deciso che non potevo essere di destra. Di sinistra non lo ero prima e non posso esserlo adesso visto che la sinistra ha spianato la strada a Berlusconi. Non sono più niente. In un paese normale voterei per i conservatori. Ma la destra di Montanelli era già minoritaria prima. Senza di lui è praticamente in estinzione.

Il cosiddetto ministro della Giustizia Mastella ha subito capito qual è il problema: non Berlusconi che si compra i senatori un tanto al chilo, ma i magistrati che l’hanno scoperto e i giornalisti che l’hanno scritto. Diagnosticata la malattia, ecco la cura: «Ho presentato un ddl sulle intercettazioni che ha raccolto ampi consensi alla Camera, ma è fermo al Senato. Se si sblocca, si risolve il problema. Che esiste. Ma non solo quando tocca qualcuno. Se tocca me, nessuno interviene».

Berlusconi ha sfatato il mito dell’imprenditore avvenente e impegnato. Allontanandosi dalla carriera accademica, ha dimostrato di essere prepotente e disimpegnato. Così ha illuso migliaia di elettori nella speranza di un futuro social liberale, costruendo una macchina per soldi imponente e concorrenziale con lo Stato. Neanche a dirlo che è diventato la persona più amata dell’Italia – e sicuramente più odiata. Confidenzialmente mi aveva detto che preferiva la pera alla mela, ma ho smascherato i suoi intenti faziosi e altisonanti, e oggi posso dire che preferisce la mela alla pera. Signori, siamo di fronte ad uno scandalo di livello globale.

A vedere i telegiornali di regime, cioè praticamente tutti, sabato a Bologna e nelle altre piazze non è successo niente (molto spazio invece al matrimonio di Baldini, l’amico di Fiorello). A leggere i giornali di regime (molti), il V-Day è stato il trionfo dell'”antipolitica”, del “populismo”, del “giustizialismo” e del “qualunquismo”. In un paese che ha smarrito la memoria e abolito la logica, questa inversione del vocabolario ci sta tutta: la vera politica diventa antipolitica, la partecipazione popolare diventa populismo, la sete di giustizia diventa giustizialismo, fare i nomi dei ladri anziché urlare “tutti ladri” è qualunquismo. E infatti, che il V-Day fosse antipolitico, populista, giustizialista e qualunquista, lorsignori l’avevano stabilito prim’ancora di vederlo, di sapere che cos’era. A prescindere.

Silvio Berlusconi, tra una serata al Bagaglino e una spallata fallita al governo, ha trovato il tempo e soprattutto la faccia tosta di ricordare Enzo Biagi. Con queste testuali parole: «Al di là delle vicende che ci hanno qualche volta diviso, rendo omaggio ad uno dei protagonisti del giornalismo italiano cui sono stato per lungo tempo legato da un rapporto di cordialità che nasceva dalla stima». Le vicende che li hanno qualche volta divisi si chiamano diktat bulgaro del 18 aprile 2002, quando l’allora presidente del Consiglio ordinò la cacciata dalla Rai di Biagi, Santoro e Luttazzi per “uso criminoso della televisione”, trovando subito uno stuolo di servi furbi, da Agostino Saccà a Fabrizio Del Noce, pronti a obbedirgli. Morire a 87 anni può capitare. Rovinare gli ultimi anni di vita a un grande giornalista è un crimine.

Non c’è più niente da fare. Ormai Berlusconi ha vinto. Dopo 15 anni di slogan falsi bombardati con gli ordigni radioattivi delle sue televisioni e della sua Rai, è riuscito a contaminare tutto il paese, tutto l’ambiente che lo circonda, compresi i politici del centrosinistra che dovrebbero opporglisi, compresi tanti intellettuali e giornalisti. Per cui, ormai, parlano e pensano (si fa per dire) quasi tutti come lui. Lo dimostrano, se ve ne fosse ancora bisogno, gli alti lai del Club degli Intoccabili – da Bertinotti a Mastella, da Franceschini a Berlusconi, per non parlare delle mosche cocchiere dalemian-veltroniane Latorre, Caldarola e Polito e dei cerchiobottisti alla Sergio Romano – contro le intercettazioni, chi le effettua e chi le pubblica.

Ma non possiamo non occuparci, ancora una volta, di un governo indecente e di un premier fuori controllo che ieri, dopo la bocciatura del suo demenziale decreto incostituzionale e vergognoso, ha sostenuto che Eluana sta benissimo, tanto che potrebbe persino avere figli. In attesa che ci racconti una barzelletta sui malati terminali in coma vegetativo, sulla scia di quelle sull’Olocausto e sulle ragazze stuprate, sarebbe il caso che qualcuno provvedesse a un Tso (trattamento sanitario obbligatorio). In un paese perlomeno decente, in casi come questo arrivano due infermieri e portano via il soggetto in ambulanza, per sottoporlo ad accurati accertamenti.