Le frasi celebri di Roman Abramovič, il magnate russo ‘sfuggente’

Roman Abramovič, il magnate russo ‘sfuggente’. Nato il 24 ottobre 1966, si è imposto nell’imprenditoria, diventando uno degli uomini più ricchi del pianeta. Il suo passato è ‘leggendario’ e, secondo le versioni di alcuni cronisti, opaco. La sua fortuna la deve alla privatizzazione dei sistemi produttivi e industriali dell’ex URSS oltre a degli stretti rapporti, creati nel tempo, con figure di spicco della politica russa. Il suo nome inizia a circolare prepotentemente sui tabloid e i giornali occidentali nel 2003, quando acquista il Chelsea, celebre squadra di calcio inglese.

Il suo personaggio è inafferrabile e impenetrabile. Basti pensare che non rilascia mai alcuna intervista. Nemmeno le persone a lui vicine parlano mai di lui, rendendo un alone di fitto mistero attorno alla sua persona.

Di seguito è stata stilata una lista di frasi di Roman Abramovič, carpite dai suoi rarissimi interventi pubblici.

I trader hanno la memoria corta.

Sapete qual è la differenza tra un ratto e un criceto? Nessuna, è tutta una questione di pubbliche relazioni.

Non sono mai stato coinvolto in vendite di armi. Questo settore in Russia è prerogativa esclusiva dello stato.

Per me è veramente difficile dire cosa sia una persona ricca e cosa sia una persona non ricca.

Il business è uno sport che alla fine stanca.

Ho ottenuto un certo successo, ma in fondo dedicarsi esclusivamente agli affari non è interessante.

Sto realizzando il mio sogno di possedere un club di calcio di prima fascia, il Chelsea. Alcuni dubiteranno delle mie motivazioni, altri penseranno che sono pazzo.

Il Chelsea? Non lo faccio per i soldi, ho tanti altri modi meno rischiosi di fare soldi rispetto a questo. Non voglio gettare via i miei soldi ma lo faccio davvero per divertimento, e questo significa successo e trofei.

Il mio interesse per la Chukotka non è né finanziario né filantropico. Certo che ho i miei motivi per vivere qui, lontano da mia moglie e dai miei figli che continuano a stare a Mosca. Lo faccio semplicemente perché mi piace. L’altruismo non c’entra.

Gli diedi a Boris Berezovskij già due miliardi e mezzo di euro per ottenere la sua protezione politica, cosa che era assolutamente necessaria nella Russia di allora. Sono sorpreso e deluso che ora voglia una ulteriore e sostanziosa porzione della mia ricchezza.

Non ho mai fatto dichiarazioni pubbliche, o almeno ho provato a non farle. So di non saperle fare: divento molto nervoso, dimentico cosa volevo dire, non riesco a comunicare davvero il mio pensiero ai giornalisti. Così ho deciso che non è cosa per me.