Siniša Mihajlović, le frasi celebri del mister: calcio, guerra e malattia

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Siniša Mihajlović nasce a Vukovar, in Serbia, il 20 febbraio 1969. Dopo gli anni difficili della guerra dei Balcani, si afferma come calciatore professionista. Appesi gli scarpini al chiodo, indossa i panni del mister, intraprendendo la carriera di allenatore. Personaggio duro e puro, Sinisa si è imposto sia sul rettangolo verde sia in panchina, oltreché per le sue doti tecnico-tattiche, per il suo forte temperamento.

Nel luglio 2019, attraverso una conferenza stampa, ha reso noto di essere stato colpito dalla leucemia. Il mondo sportivo, compresi i rivali calcistici di sempre, si è stretto attorno al serbo.

Di seguito è stato stilato un elenco di frasi celebri di Sinisa Mihajlovic.

Questa è la verità: abbiamo detto che avevo la febbre, mia moglie dentro di sé non ci ha creduto. Ho la leucemia

Nel mio Paese dovevi essere forte non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così

Josip Broz Tito? Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani: solo il generale è riuscito a tenere tutti insieme

Con Tito esistevano valori, famiglia, un’idea di patria e popolo

Il Kosovo è Serbia. Punto

Balotelli ha un problema di testa

Mario deve aiutarsi da solo

Il Toro è abituato a stare nell’arena, a combattere e lottare

Se uno non è motivato per giocare il derby deve cambiare mestiere, meglio che faccia il ragioniere

Con Mourinho non posso parlare di calcio perché non ha mai giocato e non può capire

Quando ero più giovane avevo perennemente bisogno di dividere il mondo in ‘noi’ e gli ‘altri’. Mi caricava

Vujadin resterà una persona unica, inimitabile, una leggenda del calcio serbo e un mito per ogni sampdoriano

Ci sono squadre che hanno il diritto di sognare di vincere e altre che hanno il dovere di vincere: il Milan fa parte di queste ultime

So dei crimini attribuiti a Milosevic, ma nel momento in cui la Serbia viene attaccata, io difendo il mio popolo e chi lo rappresenta

Messi e Ronaldo extraterrestri, impossibile per altri vincere Pallone d’Oro finché ci saranno loro

Dobbiamo attaccarli alti in campo e fare gol. Io devo usare la stessa tattica che mi piace giocando a calcio. Io la sfida con la leucemia la vincerò. Per tutti quelli che mi vogliono bene. Per me

Tutti devono rispettare l’inno nazionale, il paese, la maglia. Se Ljajic canta l’inno e se è in forma io lo convoco. Se non vuol cantare, non può giocare

Io sono biancoceleste. Per quello che ho vinto e per quello che mi hanno dato i tifosi della Lazio. Rispetto la Roma e i suoi sostenitori, ma io sono laziale

Forse è sbagliato. Sarebbe difficile rifiutare di andare a allenare il Milan – non mi si presenterà mai questa possibilità – ma se succedesse non lo potrei mai fare, perché sono stato quattro anni nell’Inter e sono interista. Non lo potrei mai fare (poi accettò la panchina rossonera)

Giocare nella Sampdoria deve essere per tutti un onore. Questo è un club prestigioso, con 67 anni di storia. E se qualcuno dei miei giocatori questa storia non la conosce gliela ricorderò io

Quando la vivi, all’inizio, è bruttissima ma dopo se hai la forza di reagire e riesci ad andare avanti nella vita è tutto di guadagnato perché capisci quali sono le cose importanti e sai che quello che può succedere è sicuramente meno peggio della guerra

(Dopo aver scoperto di essere malato di leucemia) Ho scoperto una parte di me che non conoscevo: vivo tutto più intensamente. Mi godo ogni istante e ho imparato a contare fino a 6-7, prima di arrabbiarmi, so che posso arrivare a 8. A 10 non chiedetemelo, non è roba per un uomo come me

Nella mia conferenza stampa di presentazione, quel 21 novembre 2013, dissi che avevo accettato l’incarico per un atto di amore e di riconoscenza. Non ho mai dimenticato che la Samp mi aiutò in un momento difficile della mia carriera di giovane calciatore. Quando in difficoltà c’è stato il club non ho potuto dire di no. Ora però la Samp sta bene e io credo di aver saldato il mio “debito” morale

(Su Marco Benassi e la fascia di capitano Non è facile svegliarsi alle quattro e mezza della mattina per andare a lavorare alle 6, fare tutto il giorno e non arrivare a fine mese. Questo non è facile. Essere capitano del Torino a 22 anni deve essere un piacere, un orgoglioso […]. È una persona fortunata come tutti noi che facciamo questo lavoro

(Sulla guerra del Kosovo) Prima della guerra per andare dai miei genitori dovevo fare 1,4 km, ma senza ponti eravamo costretti a un giro di 80 chilometri. Per mesi la gente ha sofferto ingiustamente. Bombe su ospedali, scuole, civili: tutto spazzato via, tanto non faceva differenza per gli americani. Sul Danubio giravano solo delle zattere vecchie. Come la giudico? Ho ricordi terribili, incancellabili, inaccettabili

Parliamo tanto di razzismo in Italia, ma non più solo bianco o nero. Anche zingaro, o serbo, di m… Si parla di razzismo solo con bianchi e neri, se si tocca un popolo intero va tutto bene. Ma questa è l’Italia. Comunque, chi mi ha chiamato zingaro lo aspetto, me lo venga a dire in faccia. Sanno dove vivo, vediamo se hanno le palle

(Sulla leucemia) Per ora sto vincendo la battaglia, anche se devo fare attenzione. Sta andando tutto bene, non sto più prendendo il cortisone e questo è importante. Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici. Poi dopo è tutto in discesa, bisogna avere pazienza

Purtroppo non ho visto mio padre nei suoi ultimi otto mesi di vita e neanche quando è morto nel 2010. Quello è l’unico rimpianto che ho, ma spero che mi abbia capito. Quando hai i genitori noti tutti i difetti, io per esempio non sopportavo che facesse rumore quando mangiava, invece, quando poi non ci sono più ti mancano anche le cose che ti davano fastidio. Bisogna goderseli al massimo

(Sulla guerra di indipendenza della Croazia) Io sono nato a Vukovar, i croati erano maggioranza, noi serbi minoranza lì. Nel 1991 c’era la caccia al serbo: gente che per anni aveva vissuto insieme da un giorno all’altro si sparava addosso. È come se oggi i bolognesi decidessero di far piazza pulita dei pugliesi che vivono nella loro città. È giusto? Arkan venne a difendere i serbi in Croazia. I suoi crimini di guerra non sono giustificabili, sono orribili, ma cosa c’è di non orribile in una guerra civile?

Da lui ho imparato il lavoro sul campo perché Mancio in questo è il migliore di tutti. All’Inter, da suo assistente, io curavo la fase difensiva, lui quella offensiva. Se sono diventato un allenatore, lo devo a Roberto e per questo lo ringrazio. Non dimentico mai ciò che ha fatto per me, anche quando giocavamo insieme. A volte abbiamo litigato perché se subivamo un gol, lui dava sempre la colpa a noi difensori e io mi arrabbiavo di brutto. Alla fine però eravamo e siamo come fratelli

(Sugli Usa e la guerra del Kosovo) Non li sopporto. In Jugoslavia hanno lasciato solo morte e distruzione. Hanno bombardato il mio Paese, ci hanno ridotti a nulla. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano aiutato a ricostruire l’Europa, a noi invece non è arrivato niente: prima hanno devastato e poi ci hanno abbandonati. Bambini e animali per anni sono nati con malformazioni genetiche, tutto per le bombe e l’uranio che ci hanno buttato addosso. Che devo pensare di loro?

C’è un dramma che esiste da tanti anni e che negli ultimi giorni è diventato sempre più pressante: quello dei migranti. Uomini, donne, bambini, moltitudini di disperati che fuggono da guerre, da genocidi, dalla fame, dalla povertà. È un problema che mi sta particolarmente a cuore perché l’ho visto con i miei occhi e vissuto nel mio Paese, quando la guerra civile stravolse la ex Jugoslavia. Anche i miei genitori e tanti miei familiari sono stati migranti in fuga dalla guerra. Loro nella tragedia sono stati fortunati ad avere un figlio o un parente in grado di aiutarli, ospitarli, farli trasferire. Ho aiutato, per quanto mi è stato possibile, tanta gente che non avevo mai visto prima, non ricordo più i loro nomi ma ricordo benissimo gli occhi di ognuno di loro e la sofferenza che c’era dipinta dentro