Gianni Agnelli, le 54 frasi più belle dell’avvocato

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Giovanni Agnelli è stato un imprenditore italiano nato a Torino il 12 marzo del 1921 e morto a Torino il 24 gennaio del 2003. Giovanni veniva chiamato Gianni ed era noto al mondo come l’avvocato ed è stato per moltissimi anni ai vertici della Fiat e della Juventus.

Un elenco di alcune delle sue bellissime frasi:

Figlio di Edoardo Agnelli e di Virginia Bourbon del Monte dei Principi di San Faustino, era il secondo dei sette figli della coppia.

Una cosa fatta bene può essere fatta meglio.

La mia vita coincide per tre quarti con quella della Fiat. E il mio rapporto con la Fiat è per metà di memoria e per metà di vissuto

Mi sono simpatici gli ecologisti. Ma hanno programmi costosi. Non si può essere più verdi delle proprie tasche.

Sono sempre stato un marito devoto, ma se pretendessi di essere sempre stato un marito fedele direi una bugia.

Ognuno è playboy. Tutti ci provano, alcuni ci riescono, altri no.

Di stile Juventus parlano gli altri, non noi.

Avere Platini in squadra era come avere una credit card sempre a portata di mano.

La creatività è il piacere più grande. È il solo vero valore aggiunto della vita, capace di comprendere tutti gli altri.

Gli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare.

Un uomo che non piange, non potrà mai fare grandi cose.

È un materasso, il sistema italiano. Pasolini avrebbe detto una ricotta.

Se mi avessero detto quando ero ragazzo che sarei diventato socio della General Motors, non ci avrei mai creduto.

È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire.

Tutto quello che ho, l’ho ereditato. Ha fatto tutto mio nonno. Devo tutto al diritto di proprietà e al diritto di successione, io vi ho aggiunto il dovere della responsabilità.

Come tutti i politici, anche Montezemolo è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi: è più sensibile ai giornali che ai fatti. Sbaglia.

Io penso di rimanere – se Dio me lo concede – fino ai settantacinque anni, poi vediamo.

Agisco tramite professionisti esperti, ma loro non prendono decisioni senza consultarmi.

I calciatori cattivi guadagnano certo troppo, quelli buoni non guadagnano mai abbastanza.

Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme.

La Fiat ha un peso nell’economia e nella società italiana che non si può combinare con uno schieramento politico.

Se Baggio è Raffaello, Del Piero è Pinturicchio.

La Juventus l’abbiamo sempre avuta. Questo non è un affare; è una passione; una passione soggettiva, che però è condivisa da molta gente

La mia vita privata non conta niente. Quello che conta è essere al servizio della Fiat al momento giusto, come adesso.

Finché il potere politico continuerà a nominare i manager non si potrà parlare di privatizzazioni.

Il più bel prodotto di Viareggio, dopo Stefania Sandrelli.

L’autista non guida mai. Guido sempre io, è un’abitudine. Una volta, quando si andava a cavallo, si diceva ‘c’è chi preferisce stare a cassetta e chi preferisce stare in carrozza’. Io preferisco stare a cassetta

Mi chiedete se mi sono mai innamorato? Ci si innamora a vent’anni: dopo si innamorano soltanto le cameriere.

Non tutti gli italiani tifano per la Nazionale, mentre tutti gli italiani e il cinquanta per cento dei non italiani tifano Ferrari.

È abitudine della Juventus dire e credere che quando le cose vanno bene il merito è dei giocatori, quando vanno meno bene la responsabilità è della società.

Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi.

Si può fare tutto, ma la famiglia non si può lasciare.

L’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras

Per essere italiani nel mondo, dobbiamo essere europei in Italia.

Un padrone che non esige che un’impresa dia profitto è un pessimo padrone.

Per noi la guerra è finita con una semi-sconfitta. L’Italia è il paese dove la mano pubblica conta di più, dove il sottogoverno pesa più del governo.

Non sono un grande pedagogo. Sono più incline a lasciare fare alle persone quello che vogliono. I miei nipoti li prendo, gli parlo, rido con loro e andiamo nei musei e al cinema insieme. So come si fa. Ma non sono un bravo educatore.

Ogni giovane d’Europa deve poter cominciare i suoi studi a Parigi, continuarli a Londra, completarli a Roma o Francoforte. Dobbiamo recuperare, in chiave moderna, l’eredità degli antichi “clerici vagantes

Mio padre aveva grandi qualità, era assai delicato. Ma io mi considero nipote di mio nonno; sono stato al suo fianco dai quattordici e vent’anni, durante il mio periodo di formazione. Le responsabilità sono passate direttamente da lui a me.

Mio nonno aveva il 70 per cento delle azioni Fiat in portafoglio e le gestiva dando dividendi bassi. Anche perché li avrebbe distribuiti in massima parte a se stesso. Preferiva accantonare a riserva e con le riserve costruì la grande Mirafiori. Ma nessuno lo sapeva perché lui parlava poco. Insomma non era come me che all’assemblea racconto tutto

Mia sorella Suni è stata la mia vera amica, forse anche perché è la più vicina a me per età. Ed anche mia sorella Clara. Gli altri erano più piccoli, ma poi sono diventato molto amico anche di Umberto. Ci comprendiamo al volo, ancora prima di parlarci. È raro, sa, tra fratelli.

Nella costruzione di un gruppo come il nostro ci sono tre tempi: il tempo della forza, il tempo del privilegio, il tempo della vanità. Per me conta solo il primo. Voglio che gli altri due non esistano.

Mio nonno certamente disse che bisogna togliersi tutto dalla testa prima di cominciare a lavorare seriamente. Lui mi richiamò in Fiat come vicepresidente accanto a lui. Avevo 23 anni e mezzo. Poi io andai di nuovo via, di nuovo a fare il soldato per un certo periodo, poi rientrai

Io non ho nessuna passione per la politica e per i politici. Riconosco che è un’attività necessaria e anzi che, almeno in teoria, è la più nobile di tutte, quella che gestisce gli interessi della polis, della comunità. Ma non mi piace l’inevitabile parzialità dei partiti e l’altrettanto inevitabile egoismo di chi li guida.

La passione per l’arte cresce con la maturità. Mio padre mi portava fin da bambino a visitare i musei perché riteneva che il bello educasse, che il gusto si affinasse dall’infanzia, e aveva ragione.

Non chiamatemi senatore. Ogni volta che sento questa parola penso a mio nonno, che per me e la famiglia è tutto. Il senatore è lui. Il mio nome d’arte è avvocato Agnelli, ed è giusto così.

L’Italia digerisce tutto, la sua forza sta nella mollezza degli apparati, nella pieghevolezza degli uomini politici, nelle capacità di adattamento degli italiani.

Qualche cosa di naturale, come per tutti quelli della mia generazione. I capi mi erano antipatici perché rappresentavano il potere, a causa della stupidità dei loro proclami e della follia di una politica estera condotta con un’arroganza che non trovava riscontro nella forza.

Ho sempre guidato volentieri e veloce. C’è un particolare momento, al mattino tra le quattro e le sei, in cui si tengono i fari dell’auto ancora accesi, mentre quelli che si sono appena svegliati non accendono le luci. Ad esempio i macellai con i loro camion, alla mattina, quando vanno al mercato. E io sono andato proprio a finire contro uno di questi

Con i profitti a zero, la crisi non si risolve ma si incancrenisce e può produrre il peggio. Noi abbiamo due sole prospettive: o uno scontro frontale per abbassare i salari o una serie di iniziative coraggiose e di rottura per eliminare i fenomeni più intollerabili di spreco e d’inefficienza. È inutile dire che questa è la nostra scelta.

La Juve è per me l’amo­re di una vita intera, motivo di gioia e orgoglio, ma anche di delusione e frustrazione, comunque emozioni forti, come può dare una vera e infinita storia d’amore.

Quando nel ’66, Valletta mi passò quella che lui chiamava la somma delle responsabilità mi ricordo che me lo disse con enorme serenità: ‘Oggi la Fiat è forte, è finanziariamente in ordine, copriamo più di due terzi del mercato italiano, c’è serenità e pace sociale, sono proprio lieto di consegnarle questa Fiat, in queste condizioni, dopo aver tanto lavorato vicino a suo nonno

Torino ricorda le antiche città di guarnigione, i doveri stanno prima dei diritti, il cattolicesimo conserva venature gianseniste, l’aria è fredda e la gente si sveglia presto e va a letto presto, l’antifascismo è una cosa seria, il lavoro anche e anche il profitto.

Non amo molto i consuntivi; soprattutto non mi piace il passato se non per quel tanto che fissa la nostra identità. Io amo il futuro e mi piacciono i giovani. La mia vita è stata tutta una scommessa sul futuro.

Mi piacciono le cose belle e ben fatte. Ritengo addirittura che estetica ed etica si equivalgano. Le cose belle sono etiche, mentre le cose non etiche non sono belle: dall’evasione fiscale ai sotterfugi.