Johan Cruijff, numero 14: frasi e dichiarazioni del Profeta del gol

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Il ‘Profeta del gol’, il ‘Pelé bianco’. Sono i due famosi soprannomi di Johan Cruijff, ex calciatore e allenatore olandese. Nato a Amsterdam il 25 aprile 1947 è ritenuto da tifosi ed esperti uno dei giocatori più forti di tutti i tempi. Fu il leader e l’interprete del calcio totale con cui l’Ajax e i Paesi Bassi, guidati dal leggendario allenatore Rinus Michels, rivoluzionarono il calcio tra gli anni Sessanta e Settanta. Dopo aver smesso gli scarpini, intraprese l’avventura sulla panchina, risultando vincente anche in questo ruolo. Si è spento il 24 marzo 2016 a Barcellona, stroncato da un tumore polmonare.

Di seguito è stato stilato un elenco di frasi di Johan Cruijff, il ‘Profeta del gol’ che giocava con la maglia numero 14.

Io ho fortuna, ma Dio sta con me.

La pressione si deve esercitare sul pallone non sul giocatore.

La creatività non fa a pugni con la disciplina.

Del Piero sono è un vero esempio di calcio con l’anima.

Senza possesso palla, non si vince.

Mi piace il calcio ma non quello di oggi.

Alla radice di tutto c’è che i ragazzini si devono divertire a giocare a calcio.

Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano.

Si parla sempre della persona, io preferisco parlare di educazione della persona.

Cerco di vedere la chemioterapia come un’amica. Un’amica che mi può aiutare a stare meglio.

Il senso del calcio è che vinca il migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio e dal budget.

Il calcio consiste fondamentalmente in due cose. La prima: quando hai la palla, devi essere capace di passarla correttamente. La seconda: quando te la passano, devi saperla controllare. Se non la puoi controllare, tantomeno la puoi passare.

Quando allenavo il Barça, ricordo che con Koeman o con Stoichkov giocavamo a non mettere dentro la palla, troppo facile, ma a colpire la traversa o uno dei pali, proprio per aumentare la precisione del tiro.

Una delle cose che ho capito da bambino è che quelli che più si divertivano a insegnarti qualcosa erano coloro che meglio dominavano il pallone, mentre quelli capaci solo di entrare sull’avversario, di piazzarsi in campo per fare ostruzione e di tirare pedate, non avevano nulla da insegnare, anche se, temo, avrebbero avuto molto da imparare.

A me del calcio italiano colpiscono i vuoti negli stadi italiani. La gente non si diverte più col vostro calcio. Sono troppe 20 squadre, nate tutte per vincere qualcosa e alla fine una vince e le altre restano deluse. È tutto sbagliato. Il modello è il Barcellona che si diverte e pensa a divertirsi.