Marcel Proust, le frasi celebri dello scrittore francese

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Marcel Proust è stato un celebre scrittore francese vissuto tra il 1871 e il 1922. L’autore parigino è considerato uno dei maggiori scrittori della scrittura mondiale di tutti i tempi. La sua opera più celebre è il monumentale romanzo Alla ricerca del tempo perduto, pubblicato in sette volumi tra il 1913 e il 1927.

L’opera racchiude l’intero pensiero filosofico dell’autore e affronta temi come il ricordo, la malinconia e il ritrovamento del tempo perduto.

Ecco riportate di seguito frasi e citazioni tratte dalle opere di Marcel Proust, che ben ne rappresentano lo stile e il pensiero.

I nostri pensieri non sempre s’accordano con le nostre parole.

In questo mondo, dove tutto si consuma, tutto perisce, c’è una cosa che cade in rovina e si distrugge ancor più della Bellezza. Il Dolore.

Chi non combatte può dire quello che vuole, è perché non se la sente di farsi ammazzare, è per paura.

I cervelli piccini restano schiacciati non dalla bellezza, ma dall’enormità dell’azione.

Nulla è più limitato del piacere e del vizio. Si può davvero dire che si gira sempre nello stesso circolo vizioso.

Il nostro amore non appartiene all’essere che lo ispira, è salutare, in via accessoria, come mezzo.

La vita ci delude talmente tanto che finiamo col credere che la letteratura non abbia alcun rapporto con essa e ci stupiamo nel vedere che le preziose idee rivelateci dai libri mostrano, in una cena, un assassinio.

L’istinto detta il dovere, e l’intelligenza fornisce il pretesto per eluderlo.

Le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore.

La guerra è una malattia, che quando sembra scongiurata da una parte, riattacca dall’altra.

La soddisfazione che genera in un imbecille il proprio buon diritto e la certezza di poterla spuntare è qualcosa che irrita in particolar modo.

Un’azione diversiva va compiuta solo in un punto che abbia una certa importanza.

Ma i giornali si leggono come si ama, con una benda sugli occhi: non si cerca di comprendere i fatti. Si ascoltano le dolci parole del redattore come si ascoltano le parole di un’amante. Si è sconfitti e scontenti perché non ci si considera sconfitti ma vincitori.

È singolare quanto poco variino non solo i modi di esprimersi, ma anche i pensieri in una stessa persona.

Le cose esistono solo grazie ad una creazione che di continuo si rinnova.

I ricordi non si spartiscono.

La vittoria appartiene, come dicono i Giapponesi, a chi resiste un quarto d’ora di più.

In ogni sadico c’è quella sete del male che i tristi non sono in grado di soddisfare.

Gli anni felici sono perduti, si aspetta la sofferenza per lavorare.

Il lavoro compiuto dal nostro orgoglio, dalla nostra passione, dal nostro spirito imitativo, dalla nostra intelligenza astratta, quel lavoro l’arte lo distruggerà, ci ricondurrà indietro, ci farà tornare agli abissi profondi dove quel che è assistito realmente giace ignoto.

I veri libri non devono essere figli della piena luce della conversazione, ma dell’oscurità e del silenzio.

Non che le idee che noi formiamo non possono essere giuste, ma non sappiamo se sono vere. Solo l’impressione, per quanto infima ci possa sembrare la materia, e inafferrabile la traccia, è un criterio di verità.

Quella sorte di dolcezza, di distacco dalla realtà che tanto colpisce in coloro che la morte ha già accolti nella sua ombra.

Se non c’è che la felicità di davvero salutare al corpo, è il dolore a sviluppare le forza dello spirito.

Le verità che l’intelligenza coglie direttamente, hanno qualcosa di meno necessario di quelle che la vita ci ha comunicate.