Marco Tullio Cicerone: le frasi celebri dell’illuminato filosofo romano

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Marco Tullio Cicerone è stato un oratore, filosofo e scrittore romano. Vissuto tra il 106 e il 43 a.C., Cicerone apparteneva ad un’agiata famiglia dell’ordine equestre. La sua vasta produzione letteraria spazia dalle orazioni politiche agli scritti di filosofia e retorica.

Console della Repubblica Romana, Cicerone fu fino alla fine dei suoi giorni un difensore della Repubblica in particolare durante gli anni travagliati delle guerre civili.

In questa pagina troverete una raccolta con le frasi più belle tratte dalle opere di Marco Tullio Cicerone.

Finché c’è vita, c’è speranza.

Le leggi tacciono in tempo di guerra.

La libertà, che non consiste nell’avere un padrone giusto, ma nel non averne alcuno.

Bisogna essere servi delle circostanze.

La fortuna è cieca.

Le vere amicizie sono eterne.

Bisogna volere bene come se un giorno si dovesse arrivare a odiare.

Le asperità conducono alle stelle.

O tempi, o costumi!

Non può essere veramente onesto ciò che non è anche giusto.

Grave è il peso della propria coscienza.

Fino a quando insomma abuserai, Catilina, della nostra pazienza?

La parsimonia è un gran capitale.

Se vogliamo godere della pace, bisogna fare la guerra.

La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi.

Le armi cedano il posto alla toga, l’alloro militare alla lode.

La salute del popolo sia la suprema delle leggi.

Il loro silenzio è un’eloquente affermazione.

Non ci si vergogni di dire quel che non ci si vergogna di pensare.

Nulla che sia del tutto nuovo è perfetto.

Chiunque può sbagliare, ma nessuno, se non è uno sciocco, persevera nell’errore.

È da stolti il vedere i vizi altrui e dimenticare i propri.

Con la consuetudine si forma quasi un’altra natura.

La memoria diminuisce, se non la tieni in esercizio.

La vecchiaia è il compimento della vita, l’ultimo atto della commedia.

Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno.

La leggerezza è propria dell’età che sorge, la saggezza dell’età che tramonta.

Spesso gli dei immortali repressero con gli auspicia l’ingiusta irruenza del popolo.

La ragione dovrebbe dominare e l’appetito obbedire.

La memoria dei mali passati è gioconda.

Bisogna mangiare insieme molti moggi di sale, perché il dovere dell’amicizia sia compiuto.

È necessario scegliere dopo aver giudicato e non giudicare dopo aver scelto.

Approvo che ci sia qualcosa del vecchio in un giovane, e qualcosa del giovane in un vecchio.

Siamo schiavi delle leggi per poter essere liberi.

Perfetta giustizia perfetta ingiustizia.

Non patisce mancanza chi non sente desiderio.

Come non tutti i vini, così non tutti i caratteri inacidiscono invecchiando.

I barbari hanno divinizzato le bestie per trarne vantaggio.

È impossibile che non sia felice chi dipende totalmente da se stesso e che punta tutto soltanto su di sé.

La giustizia, se è rispetto a Dio dicesi religione, se verso i parenti pietà, se nelle cose affidate dicesi fede.

Che io muoia nella patria che tante volte ho salvato! (Ultime parole attribuitegli)

L’avarizia in età avanzata è insensata: cosa c’è di più assurdo che accumulare provviste per il viaggio quando siamo prossimi alla meta?

Chi può negare che la prima legge della storia sia non osare di dire nulla di falso e non omettere nulla di vero, affinché non sorga neppure il sospetto che nello scrivere sia intervenuta la simpatia o l’antipatia?

Non con le forze, non con la prestezza e l’agilità del corpo si fanno le grandi cose, ma col senno, con l’autorità, col pensiero.

La vecchiaia, specialmente quella che ha conosciuto tutti gli onori, possiede un’autorità che vale ben più di tutti i piaceri della giovinezza.