Oriana Fallaci, alcune delle più belle frasi

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Oriana Fallaci è stata una scrittrice e giornalista italiana. Nata a Firenze nel giugno del 1929, l’autrice prese parte giovanissima alla Resistenza italiana durante la Seconda Guerra Mondiale con il ruolo di staffetta partigiana. Fu la prima donna italiana ad andare al fronte come inviata speciale durante un conflitto armato.

La giornalista e scrittrice si è spenta a Firenze nel 2006. Durante i suoi ultimi anni di vita fecero molto discutere le sue dure prese di posizione contro l’Islam all’indomani dei drammatici fatti dell’11 settembre 2001 con gli attacchi terroristici al World Trade Center di New York, città dove la scrittrice ha vissuto a lungo.

Ecco di seguito alcune delle frasi più belle tratte dalle opere di Oriana Fallaci.

È la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d’aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede, è un miracolo. Ma i miracoli non durano mai.

Quante strade deve percorrere un uomo prima che tu possa chiamarlo un uomo.

Chi si rassegna non vive: sopravvive.

La libertà non ha patria.

L’aspetto della saggezza non è cupo e tetro, non è pensieroso, è ilare e pieno di gioia. Il fine e il compimento della sapienza stanno nella giocosità felice.

Non v’è eroe vivo che valga un eroe morto.

L’abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte.

Ho sempre avuto l’ossessione della dignità e pensato che la cosa più importante fosse vivere con dignità, ora so che c’è una cosa ancora più difficile, ancora più importante che aver vissuto con dignità: è morire con dignità. E questa è, questa sarà, la vera prova del fuoco.

Niente è indegno se il fine è degno.

In tempo di democrazia la giustizia non si fa scavando le tombe.

Un partito non ha bisogno di individui con personalità, creatività, fantasia, dignità: ha bisogno di burocrati, di funzionari, di servi.

La paura e i soldi, si sa, mettono a tacere il cuore.

Perché bando alle chiacchiere, signori miei: l’infelicità non ha solo il volto della fame e del freddo. Ha anche quello della solitudine che gela quando appartieni a un mondo scomparso o incompreso, quando sei costretto a vivere in un ambiente nel quale non ti riconosci e vieni schernito ridicolizzato perseguitato dalla volgarità.

Negli Stati Uniti la libertà di protestare è così diffusa che, come un boomerang, essa si rivolge contro la libertà stessa. In altre parole, tutti hanno talmente diritto di offendersi in nome della libertà che la stessa libertà di critica ne risulta compromessa.

È una cosa terribile ammazzare, lo so, ma nelle tirannie diventa un diritto, anzi un dovere. La libertà è un dovere prima che un diritto.

Si muore talmente meglio quando si crede a qualcosa. Si muore talmente di meno.

La morte di un amore è come la morte d’una persona amata. Lascia lo stesso strazio, lo stesso vuoto, lo stesso rifiuto di rassegnarti a quel vuoto. Perfino se l’hai attesa, causata, voluta per autodifesa o buonsenso o bisogno di libertà, quando arriva ti senti invalido. Mutilato.

Ma vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.

Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai.

Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie, lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità.

Chiunque muoia per un miraggio si merita un buon funerale.

Io credo che fin dal momento in cui lo spermatozoo feconda l’ovulo e la cellula primaria diventa due cellule poi quattro poi otto poi sedici insomma prende a moltiplicarsi, noi siamo ciò che saremo. Cioè esseri umani.

È una cosa di cattivo gusto, comandare, e spiacevolissima. Perché pone a contatto coi beceri e con gli ottusi, costringe a esercitare la volgarità del potere, limita la libertà sia di chi comanda che di chi è comandato, infine inebria i presuntuosi.

Io non mi sono mai sentita tanto viva come dopo una battaglia dalla quale sono uscita viva e indenne. È dopo aver vinto quella sfida che ti senti così vivo. Vivo quanto non ti senti nemmeno nei momenti più ubriacanti di gioia o nei momenti più travolgenti d’amore.

Il grande malanno del nostro tempo si chiama ideologia e i portatori del suo contagio sono gli intellettuali stupidi.

L’America è un paese che accoglie chiunque, compreso chi la critica.

Stop. Quello che avevo da dire l’ho detto. La rabbia e l’orgoglio me l’hanno ordinato. La coscienza pulita e l’età me l’hanno consentito. Ora basta. Punto e Basta.

Essere donne è una scuola di sangue: tutti i mesi offriamo a noi stesse il suo spettacolo odioso.

Tra un uomo e una donna ciò che chiamano amore è una stagione. E se al suo sbocciare questa stagione è una festa di verde, al suo appassire è solo un mucchio di foglie marce.

Una volta nato non ti dovrai scoraggiare, dicevi: neanche a soffrire, neanche a morire. Se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente, e niente è peggiore del niente: il brutto è dover dire di non esserci stato.

Ma ecco cosa ho imparato in questa guerra, in questo paese, in questa città: ad amare il miracolo di essere nata.

L’estrema punizione per chi cerca mondi migliori è il niente.

La morte è una ladra che non si presenta mai di sorpresa.

Quello che avevo da dire l’ho detto. La rabbia e l’orgoglio me l’hanno ordinato. La coscienza pulita e l’età me l’hanno consentito. Ma ora devo rimettermi a lavorare, non voglio essere disturbata. Punto e basta.

Sono molto molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d’una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza.

La comunità hollywoodiana è la meno democratica che esista in America, divisa in categorie insormontabili a seconda della notorietà, dei guadagni e del prestigio professionale.

I divi di Hollywood hanno paura del pubblico, paura dei produttori, paura soprattutto dei giornalisti: che a volte sono i più preziosi alleati, ma a volte i più spietati nemici.

Essere mamma non è un mestiere. Non è nemmeno un dovere. È solo un diritto tra tanti diritti.

Ma il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente.

Ci si dimentica sempre che un eroe è un uomo, soltanto un uomo, e che resistere a una tirannia, subire sevizie, languire per anni in una cella senz’aria né luce è a volte più facile che battersi nell’equivoco e nelle lusinghe della normalità.

Il coraggio è fatto di paura.