Paolo Villaggio, non solo Fantozzi: frasi celebri dell’indimenticato attore

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Paolo Villaggio è stato un attore, scrittore, comico e sceneggiatore italiano. Nato a Genova il 30 dicembre 1932, ha saputo dare corpo a personaggi entrati nell’immaginario collettivo del Bel Paese, uno su tutti Fantozzi. La sua inclinazione è sempre stata quella di affidarsi ai tratti di una comicità surreale e grottesca. Emblematici in tal senso, oltre al già citato Fantozzi, personaggi come il professor Kranz e l’impacciato Giandomenico Fracchia. In oltre cinquant’anni di professione è stato anche prolifico come scrittore e autore radiofonico, teatrale e musicale. Si è spento a Roma il 3 luglio 2017.

Di seguito è stata redatta una lista di frasi famose di Paolo Villaggio.

Fantozzi di allora era un miserabile felice, almeno lui aveva un posto fisso.

Il comportamento comico è un comportamento infantile, cioè tutti i comici sono bambini, immaturi.

Fantozzi è il prototipo del tapino, la quintessenza della nullità.

Tutti i grandi comici, da sempre, si muovono e si comportano in maniera immatura, come bambini.

Silvio Berlusconi mi ha detto che sono un grande comico. Gli sono molto grato: per questo e per aver perso le ultime elezioni.

L’omosessualità? È un’anomalia genetica che va compresa fino in fondo… È un incidente, se si ha veramente amore per il prossimo bisogna avere comprensione per una deviazione che non è desiderata.

Con Fabrizio De Andrè fingevamo di essere brave persone ma eravamo delle carogne. Da ragazzi tormentavamo due omosessuali, uno dichiarato e l’altro no. Li prendevamo a pietrate, solo per il gusto di farlo. Perfidia pura.

Con Fabrizio De André ho passato l’infanzia e la gioventù, poi vent’anni con Gassman, altri venti con Tognazzi, poi Ferreri, Volonté, Fellini… Insomma… parlo solo “di” qualcuno, non “con” qualcuno… mah!

Ho detto che il Giovanni Paolo II non crede in dio? Lo penso davvero. Su, avanti. Il papa è una persona troppo intelligente per crederci.

Roberto Benigni è sempre fuori le righe, un clown euforico. Solo quando parla di soldi con la moglie diventa serissimo. Cambia voce, faccia. Esce il contadino che è in lui. Un grandissimo, Benigni, anche se non lascia nulla di scritto.

Sono inviperito per questa tendenza che esiste soprattutto in Italia, forse per le sue radici cattoliche, di riconoscere i meriti degli artisti solo dopo la morte. Come se la morte nobilitasse.

Il pubblico che va a sentire Vasco Rossi è fatto di Fantozzi giovani: maglioni slabbrati, scarpe militari, stessi occhiali da sport Martini, stessi orologi imitati.

Benigni piace ai Fantozzi proprio perché è semplice da capirsi, molto consolatorio, un po’ chapliniano.

La cosa più curiosa di Moana Pozzi era che odiava il sesso. Era completamente frigida. È una cosa abbastanza triste: faceva un mestiere che in realtà odiava. La sua frigidità l’ha portata a fare con una certa rabbia questo mestiere, l’ha fatto con poca gioia.

Fantozzi non è più vestito come negli anni Sessanta; pantalone e mutanda ascellari, moglie incredibile, figlia impensabile. Fantozzi allora aveva un odore diverso. Il nome stesso, Fantozzi, suonava come “fantocci”, “pupazzi”. Tutto questo si è consumato.

Gli italiani quando sono in due si confidano segreti, tre fanno considerazioni filosofiche, quattro giocano a scopa, cinque a poker, sei parlano di calcio, sette fondano un partito del quale aspirano tutti segretamente alla presidenza, otto formano un coro di montagna.

Gli immigrati? Aiutarli in Africa è la soluzione più saggia e più utile, anche se è della Lega. Lo direi anche se lo dicesse Hitler. Che però li voleva eliminare. Siccome non si può, è necessario aiutarli in Africa. […] Anche il Papa esprime profondo dolore, ma è un’ipocrisia. Non gliene frega un cazzo.

Con Fantozzi ho cercato di raccontare l’avventura di chi vive in quella sezione della vita attraverso la quale tutti (tranne i figli dei potentissimi) passano o sono passati: il momento in cui si è sotto padrone. Molti ne vengono fuori con onore, molti ci sono passati a vent’anni, altri a trenta, molti ci rimangono per sempre e sono la maggior parte. Fantozzi è uno di questi.

Un giorno eravamo al Ritz di Madrid, in una suite. Moana va in bagno e torna solo con gli slip indosso. Mi guarda e fa: ‘Io con te l’amore non lo farò mai. Ti voglio molto bene. Sono sieropositiva’. È stata una frase che mi ha molto colpito. L’ho abbracciata e lei si è commossa.

Ma davvero La corazzata Potëmkin è un film tanto brutto? Non è il film in sé, quanto il fatto che non si potesse dire niente contro il diktat culturale del partito. Quando dissi quella frase, attaccai proprio quel mondo. Per la prima volta da sinistra si levava una voce contro la santificazione di certi miti. […] Quando andai a presentare Fantozzi in Unione Sovietica, mi alzai e ripetei la frase del film. E appena dissi che la “Corazzata” era una boiata, si scatenò un inferno. Esplose l’entusiasmo. La gente scattò in piedi, mi applaudì per decine di minuti. Fu uno dei momenti più belli della mia carriera.