Socrate, tra ironia e maieutica: le frasi famose del filosofo ateniese

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Socrate (Atene, 470 a.C./469 a.C. – Atene, 399 a.C.) è ritenuto uno dei padri della filosofia e dell’etica occidentale. Maestro di Platone, non lasciò alcuno scritto del suo pensiero, facendo della dialettica orale lo strumento delle sue teorie. Tutto ciò che si sa della sua riflessione lo si deve in gran parte a Platone, suo discepolo, e ad altri testimoni dell’antichità. In ambito accademico sono ancora molti i dubbi riguardanti frasi e concetti a lui attribuiti.

Di seguito è stato stilato un elenco di frasi celebri attribuite a Socrate dalla maggior parte degli studiosi.

La mia condanna a morte impartita dagli ateniesi? E la natura ha condannato loro.

Le parole false non solo sono cattive per conto loro, ma infettano anche l’anima con il male.

L’importante non è vivere, ma vivere bene.

Quando un uomo è audace senza senno ne riceve danno, quando invece con senno ne trae vantaggio.

Nessun male può accadere ad un uomo giusto, sia durante la vita che dopo la morte.

Una vita senza ricerca non è degna per l’uomo di essere vissuta.

La verità non si confuta mai.

Se uno fa una cosa per un fine, non vuole la cosa che fa, bensì la cosa per cui fa quello che fa.

La morte, come mi sembra, altro non è che la separazione di due cose, l’anima e il corpo, l’una dall’altra.

Dai potenti vengono gli uomini più malvagi.

Avendo così pochi bisogni che meno non si potrebbe, sono vicinissimo agli dei.

Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza.

Chi di noi va verso ciò che è meglio è oscuro a tutti tranne che al Dio.

Bisogna sposarsi o no? In entrambi i casi ti pentirai.

La scienza non è altro che percezione.

La presunzione gonfia gli uomini stolti, allo stesso modo che il vento gli otri vuoti.

Non bisogna invidiare chi non è degno di essere invidiato né gli sciagurati, ma averne piuttosto compassione.

Chi è quell’uomo che potrebbe credere che esistono i figli degli dei e non esistono gli dei?

Quel che è sopra di noi, nulla ha che fare con noi.

Vada come sta a cuore al dio. Alla legge si obbedisce. Difendersi si deve.

La pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi.

Nessuno, dinanzi alla giustizia o al nemico deve star lì a escogitare i mezzi per sfuggire, a tutti i costi, alla morte.

Che strana cosa sono il piacere e il dolore; sembra che ognuno di loro segua sempre il suo contrario e che tutti e due non vogliano mai trovarsi nella stessa persona.

Ho un’ultima lezione da dare: essi mi devono uccidere perché sappiano quello che hanno fatto. La città dovrà affrontare la propria colpevolezza.

Hai torto, amico, se pensi che un uomo di qualche merito debba star lì a calcolare il rischio di vita e di morte, invece di pensare se ciò che fa è giusto o ingiusto e se si è comportato da uomo onesto o malvagio.

Nessun uomo riuscirà a salvarsi qualora vorrà opporsi lealmente a voi o al popolo e impedire che nella sua patria avvengano ingiustizie e illegalità.

Sarebbe ben comprensibile se uno, a motivo dell’irritazione per tante cose sbagliate, per il resto della sua vita prendesse in odio ogni discorso sull’essere e lo denigrasse. Ma in questo modo perderebbe la verità dell’essere e subirebbe un grande danno.

Nessuno sa cosa sia la morte e se essa non sia il maggiore di tutti i beni; e invece gli uomini ne hanno paura, come se sapessero bene che essa è il più grande dei mali.

Capii ben presto che i poeti componevano le loro opere non facendo uso del cervello ma per una certa disposizione naturale, per una sorta di ispirazione, come gli indovini e i profeti. Anche costoro, infatti, dicono molte e belle cose, ma senza rendersene conto.

Ma badate bene, cittadini, che non sia questa la cosa più difficile, ossia sfuggire alla morte, ma che molto più difficile sia sfuggire alla malvagità. Infatti, la malvagità corre molto più veloce della morte.

Io non preferirei né l’uno né l’altro; ma, se fosse necessario o commettere ingiustizia o subirla, sceglierei il subire ingiustizia piuttosto che il commetterla.