Le frasi famose di Maurizio Sarri, il mister in tuta

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Maurizio Sarri è un allenatore professionista tra i più talentuosi della sua generazione. Nato nel 1959 e figlio di un operaio toscano, ha avuto un percorso sui generis, partendo dal ‘basso’. Prima tutta la trafila nel mondo dilettantistico, dove svolge anche il lavoro di dipendente di banca. Poi il grande passo nel mondo dei professionisti: Serie C, Serie B e Serie A, fino ai top club (Napoli, Chelsea e Juventus).

Sarri, negli anni, è diventato famoso anche per le sue conferenze stampa colorite e per un linguaggio schietto.

Di seguito è stato stilato un elenco di frasi celebri di Maurizio Sarri, il mister in tuta.

Se non volevo essere sotto esame facevo domanda alle Poste.

L’allenatore è come il pesce, dopo un po’ puzza…

Faticoso è alzarsi alle 6 per andare in fabbrica. Qui serve solo armonia di movimenti e di tempi.

L’esperienza in banca è un valore aggiunto: ho appreso il valore dell’organizzazione e della capacità decisionale.

Nelle categorie inferiori conosco tanti che potrebbero stare al posto mio, se godessero di attenzione mediatica.

Scudetto 2018? Il rammarico è perché abbiamo perso uno scudetto in albergo e ci sarebbe piaciuto più perderlo in campo.

Non ti mando a fare in c.. perché sei una donna (Dopopartita di Inter-Napoli del 10 marzo 2018, rivolgendosi ad una giornalista).

L’unica perplessità che ho è che sono così legato a Empoli che non sopporterei di fare una cattiva stagione qui. Non vorrei mai che mi volessero meno bene.

Continuare a vincere e convincere. Mi sembra di essere Arrigo, però è qualcosa di ancora attuale e vero: vincere meritando la vittoria, con il predominio sulle partite.

A livello di Juventus non si possono fare grandi graduatorie. Questa è una società che vuole vincere, pur sapendo che in Europa la situazione è complicata.

Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare. A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente.

Esistono squadre medie di grandi giocatori o grandi squadre di giocatori medi. Io lavoro su questo. Il fuoriclasse è quello a disposizione della squadra, altrimenti è solo un bravo giocatore.

Io mi sorprendo sempre un po’ quando sono stato invitato a Nyon in mezzo all’élite degli allenatori europei. Mi scappa un po’ da ridere: vengo dal basso, per me è un grande motivo d’orgoglio.

Ho sempre detto in questi mesi che lo scudetto è una bestemmia, ma io sono toscano e in Toscana si bestemmia abbastanza. Una bestemmia quindi ogni tanto ci può stare, anche perché può capitare di tutto nella vita.

È un totem, il simbolo delle lotte dei nostri genitori e dei nostri nonni. Facciano le riforme che vogliono, ma l’articolo 18 non va toccato, per ciò che rappresenta.

Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis. Ho giocato, alleno da una vita, non sono qui per caso. Mi chiamano ancora l’ex impiegato. Come fosse una colpa aver fatto altro.

Vedendo il calendario, la Juve ha gare abbastanza abbordabili, a parte che per la Juventus lo sono tutte, e questo potrebbe metterci pressione…

Non so se Insigne e Higuain possono colmare il gap con la Juventus: abbiamo dei grandi attaccanti ma da qui a competere con la Juventus ce ne vuole. Alla lunga il fatturato pesa…

A me sono girati davvero i c….i quando esponenti della Juve parlavano di Higuain mentre era un nostro calciatore ed io non farò quello che hanno fatto loro…

Questa frenesia, per la quale un allenatore è un cretino se perde due partite o un genio se ne vince due e un attaccante una schiappa se sbaglia un rigore e un genio se fa un gol qualsiasi, rende molto difficile far vivere progetti e quindi far evolvere il calcio.

Farei fatica a vivere nel caos delle grandi città. Ma io adoro Napoli e la sua umanità, adoro lo spirito sociale che c’è lì, il fatto che se succede una cosa al tuo vicino è come se fosse successa a te. Napoli ti dà un amore unico che ogni allenatore dovrebbe provare nella vita.

Higuaín non ha mai avuto diffidenza. È un ragazzo particolare, ha bisogno di certe cose per rendere al meglio. Di lui ho sempre detto che è il centravanti tipico più forte del mondo e che deve pretendere tanto da se stesso. In allenamento i miei erano più rimproveri che elogi, ma pubblicamente lo elogiavo.

Scaramanzie? Ne ho meno di quelle che mi attribuiscono. Ho smesso di vestire solo di nero. Mi è rimasta l’abitudine di non mettere piede in campo, dentro le linee dico, finché la partita non è finita. Prima o poi abbandonerò pure questa: già in certi stadi le panchine son dalla parte opposta degli spogliatoi e il prato devo calpestarlo per forza. Quando cominci a vincere, le scaramanzie finiscono.

Prima ero più rigido. Ero più portato a pensare che la tattica fosse un valore assoluto. Ora so che il bambino che c’è in ogni giocatore non va mai spento. Non va mai represso l’aspetto ludico, quello per il quale il calcio si chiama, appunto, gioco del calcio. Quando un giocatore si diverte rende il doppio, ed è uno spettacolo meraviglioso.

Un allenatore che indovina la piazza ideale ha un gran fiuto o un gran culo. A Empoli sappiamo che la crescita di un giovane passa anche dai suoi errori. Il pubblico ha sposato l’idea: nutre un feroce senso d’appartenenza per il vivaio. Altrove c’è il complesso dell’errore: sbagli una palla e non giochi più. Noi rischiamo la B, ma lottiamo. Due mesi fa ci davano per spacciati.